Gino D’Acampo e l’amore incondizionato per la cucina campana: “La migliore al mondo”
Tra i napoletani che hanno fatto fortuna all'estero non si può che annoverare Gino D'Acampo. Sì, napoletano, anche se lui è di Torre del Greco, ma in Inghilterra non si fanno distinzioni poetiche e se oltremanica l'idea di cucina italiana comprende tutte le infinite sfumature locali, nessuno si offenderà se D'Acampo lo definiamo un partenopeo, almeno di adozione. Star della Tv inglese, dove da più di dieci anni si impone come uno degli chef più noti del piccolo schermo, diventato una sorta di meme per la puntualità con cui si indigna davanti a ricette tipiche italiane stravolte, Gino D'Acampo tenta il salto anche in Italia con una serie di programmi in onda su Nove.
D'Acampo e la cucina campana
In un'intervista a Fanpage.it ha raccontato il suo rapporto con la cucina campana, definendola senza esitazione una delle migliori che si possano immaginare: "Personalmente la ritengo una delle più complete. È difficile trovare una zona dove ci sia la stessa varietà di prodotti, la stagionalità, carne, pesce, verdura, latticini, come accade in Campania". Oltre a un ricettario variegato, D'Acampo si concentra in particolare sulle qualità naturali e climatiche della Campania: "La collocazione geografica ottimale ci permette di avere una gamma di prodotti infinita e sinceramente non riesco a immaginare altri luoghi simili".
L'incubo della pizza con ananas e spinaci
"Detesto le persone all'estero che bastardizzano i piatti italiani e non riesco a nasconderlo", racconta D'Acampo, che torna con i ricordi a quello che ritiene l'obbrobrio culinario per eccellenza cui abbia mai assistito: "Un grande classico: la pizza con l'ananas. Ma quella volta ci misero anche gli spinaci. Provavano a vendermela dicendo che andava molto di moda in Costiera Amalfitana". E D'Acampo entra nel dettaglio, omettendo solo nomi e cognomi: "Era qualche anno fa e fui invitato in questa nuova pizzeria di Newcastle, che si spacciava come napoletana. Avevano tutto, dal forno a legna alla farina buona, ma poi ho scoperto che era una famiglia di Pompei di terza generazione". E conclude, scherzando: "Quando mi presentarono quella pizza, me ne andai senza nemmeno salutare".
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