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Giornata mondiale del libro 2015: cinque capolavori su Napoli da non perdere

In occasione della celebrazione della Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, che ricorre ogni anno il 23 aprile, ecco i cinque imperdibili classici che parlano di Napoli.
A cura di An. Mar.
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Il 23 aprile si festeggia la giornata mondiale del libro e del diritto d'autore, un evento creato nel 1966 per celebrare la cultura, la creatività e il sapere. In occasione della ricorrenza, ecco quali sono i cinque libri da leggere legati alla città che è stata culla dell'arte e della cultura.

1# Giuseppe Marotta, L'oro di Napoli

La raccolta di trentasei racconti messi insieme dall'allora giovane e promettente scrittore napoletano Giuseppe Marotta, nell'immediato dopoguerra, mette in scena la Napoli delle macerie, della miseria dove l'oro che lo scrittore scopre tra le rovine del rione Sanità, è la pazienza, la sopportazione, la straordinaria capacità di adattamento del popolo napoletano colpito da tragedie e accidenti storici. La raccolta prende il titolo dal primo degli episodi narrati quello che ha per protagonista don Ignazio Ziviello, che dopo una vita passata con le spalle ricurve a sopportare lutti e tragedie trova più che naturale adattarsi filosoficamente nella buca scavata dai bombardamenti al posto della sua casa, della quale non c'è più traccia.

2#Luciano De Crescenzo, Così parlò Bellavista

Tra i libri che rappresentano Napoli è forse il più popolare. Consegnato definitivamente alla cultura mainstream attraverso l'omonimo e fortunatissimo film, il libro di Luciano De Crescenzo, racconta sì la storia del professor Bellavista, con le sue lezioni filosofiche improvvisate nell'androne del palazzo, davanti al portiere e agli amici, sugli uomini "d'amore" e quelli "di libertà", ma ha come reale protagonista se non Napoli, il Napoletano, come tipo fisico, antropologico, con le sue contraddizioni e la sua potente umanità. Sullo sfondo una serie di godibilissime scena di vita quotidiana.

3#Annamaria Ortese, Il mare non bagna Napoli

Napoli vista con gli occhi di una donna che incrocia la città, ferita e straziata dalla guerra, per la prima volta e anche l'ultima volta perché a Napoli l'autrice non tornerà più. E l'impatto con quella città attonita, straniata dalle brutture e dalle tragedie diventa il filtro con cui l'autrice guarda se stessa e la propria vita. Una sovrapposizione dagli esiti imprevedibili in cui l'orrore del tempo che inghiottisce, scarnifica cose e persone è lo stesso che si respira in quella città sconfitta. Una Napoli cupa, plumbea è quella che traspare dal flusso di coscienza dell'autrice, da quel racconto rapsodico che ne fa una delle opere più singolari sulla Napoli del Dopoguerra.

4# Curzio Malaparte, La pelle

"Che cosa sperate di trovare a Londra, a Parigi, a Vienna? Vi troverete Napoli. È il destino dell'Europa di diventare Napoli". Un romanzo ambientato a Napoli durante quell'occupazione alleata salutata come salvifica, come l'inizio di una nuova era e che vedeva a confronto due popoli: gli americani, ingenui, puliti, lontani dai compromessi e dalla meschinità cui la guerra aveva piegato gli Italiani, e i Napoletani, ombra di se stessi. Due tipi antropologici, due prodotti diversi di quell'atroce calderone di morte e miseria che fu la seconda Guerra mondiale.

5#Matilde Serao, Il ventre di Napoli

Bisogna sventrare Napoli disse Agostino De Pretis, presidente del consiglio nel 1884, anno in cui a il governo metteva mano alla legge sul Risanamento di Napoli, una vasta operazione di bonifica urbana che avrebbe dato alla città un nuovo volto. La frase, divenuta celebre con la parola "sventramento" che da allora in poi passò ad indicare interventi urbanistici simili, fu il pretesto per una panoramica di quello che Matilde Serao, allora una delle giovani penne più interessanti del panorama letterario partenopeo, definì il "ventre di Napoli", l'insieme di abitudini, usi, credenze di quell'umanità ingrigita dalla miseria che tenacemente sopravviveva nei vicoli stretti dove incombevano fame, miseria ed epidemie di colera.

Ai cinque aggiungiamo un sesto libretto, eccezionale, edito dalla Dante e Descartes.

Erri de Luca, Napòlide

“E se non ho il diritto di definirmi apolide, posso definirmi napòlide, uno che si è raschiato dal corpo l’origine, per consegnarsi al mondo". Così si definisce Erri De Luca nel suo Napòlide, uno dei diversi romanzi in cui l'autore napoletano racconta scorci e momenti della sua Napoli, tra le partite a pallone, il profumo del ragù e le commedie di Eduardo. Un libro autobiografico in cui Napoli torna non come luogo fisico ma come stato mentale dell'autore, che avendola lasciata la scopre dentro di sé, senza poterla allontanare.

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