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Ho vissuto un anno a Napoli senza auto: si può fare!

Vivere a Napoli senza auto e motorini di proprietà è cosa possibile. Basta armarsi di pazienza, tolleranza, una bici, romantica fiducia nelle istituzioni, grande predisposizione alla passeggiata veloce e qualche amico gentile che venga raramente a prenderti quando tutto questo viene meno.
A cura di Andrea Parrella
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Non è una provocazione o una presa in giro, né tantomeno l'ostentazione di chi se l'è potuto permettere: vivere a Napoli senza un'auto, un motorino o un mezzo di locomozione di qualsiasi tipo, non è stata una scelta totalmente autonoma, quanto più che altro una condizione indotta da circostanze esterne, che mi hanno portato a chiedermi se non fosse il caso di tentare una sorta di sfida. Perché, detto inter nos a chi è napoletano, sappiamo tutti che di sfida si tratta.

I fatti: morte di una macchina

Partiamo dai fatti: giunti a settembre 2013 il sottoscritto si trova davanti alla complessa ammissione di capire che la sua auto storica, la poderosa che gli ha insegnato a guidare e alla quale lo lega un rapporto sentimentale, non meccanico, non ne ha più. Forse ne ha ancora, ma veramente ancora poco. Paghi o non paghi una polizza assicurativa esosa per un'auto che non ti fa sentire sicuro se hai da percorrere un tragitto a più di 60 kmh? Scelta ardua, fatta di continui dietrofront emotivi, concentratisi tutti, in particolare, durante lo "svestimento" dei rifiuti al suo interno, diventati dell'auto elementi imprescindibili, prima di rottamarla.

Romantica fiducia nelle istituzioni

Dopo qualche settimana di disorientamento, pari se non superiore all'impossibilità di fare qualsiasi gesto abitudinario quando d'improvviso va via l'elettricità in casa, ho dato il via alla fase sperimentale. Vivo a Fuorigrotta, precisamente Cavalleggeri, il che mi mette in una posizione favorevole. Il quartiere è munito di una metropolitana in grado di portarmi dove voglio, o in punti strategici che mi facciano arrivare più o meno dove voglio, fino alle 11 di sera circa. Lo fa a ritmi compassati e avulsi da qualsiasi ruolino di marcia o programma, ma lo fa. Non è molto pratica in termini di intercambiabilità perché non è possibile portarci una bici, ma me ne faccio una ragione. Allo stesso tempo so di potermi servire della Cumana, al secolo Circumflegrea, mezzo di trasporto pubblico dalla cadenza e serietà degna del ventennio fascista fino a qualche anno fa (il riferimento storico è alla frase geniale e leggermente revisionista ai tempi di Mussolini i treni erano pochi, ma passavano in orario), che tuttavia è divenuta nell'ultimo anno una sorta di desaparecido, per quanto non scomparsa del tutto. Con questi mezzi, uniti ad una rete di bus metereopatica e più che perfettibile, so di poter agognare la parte nord, il centro cittadino e la zona collinare della città. I limiti orari di percorrenza sono vincolanti, ma per iniziare è già qualcosa.

Kit di base per vivere a Napoli senza un'auto

Per vivere a Napoli senza un'auto e garantirvi gli spostamenti essenziali dovete munirvi di un armamentario di base fatto di pochi elementi da custodire con dovizia: pazienza, tolleranza, romantica fiducia nelle istituzioni, grande predisposizione alla passeggiata veloce, una bici, magari dei rollerblade e qualche amico gentile che venga raramente a prendervi quando tutto quanto elencato in precedenza venga meno, specie se di notte (agli interessati, se stanno leggendo sanno di esserlo, va il mio ringraziamento, per quanto hanno fatto in passato e quanto faranno in futuro). Attenzione ad imporvi di rifiutarvi con ostinazione a ricorrere a questo stato emergenziale, potrebbe facilmente rompere i vostri propositi a favore di una cattiva abitudine e, passi il gioco di parole, rompere pure le palle agli amici.

Gli amici so' importanti

Armato del kit, mi inizio all'avventura con fermezza, indifferente quanto più possibile all'espressione sorpresa di chi mi deride quando prevedo con tranquillità una passeggiata di un'ora per raggiungere un luogo di appuntamento, o chi mi vede arrivare sudato, in bicicletta, in un posto dove avevamo programmato di incontrarci (quanto alla bici, il furto è una cosa da mettere in conto e contro la quale attrezzarsi, è fondamentale non cadere nella convinzione che, siccome a Napoli la bici la usino in pochi, vuol dire in automatico che non ne rubino: c'è sempre una prima volta, forse la seconda e pure la terza…). Eppure, a dispetto di una predisposizione che avrei giudicato lodevole in qualsiasi soggetto non fosse me, continua a mancare qualcosa: avere un coprifuoco imposto dall'impossibilità a spostarsi dopo le dieci di sera rende vano l'esperimento.

Il car sharing

Dopo un mese, in cui la funzione della bici è stata salvifica ma a tratti difficoltosa e insufficiente allo scopo, mi imbatto casualmente in occasione del Napoli Bike Festival, in qualcosa che, pur con dei difetti, cambia completamente le prospettive ed il corso della sfida: conosco il sistema di car sharing di auto elettriche che, ignoranza mia, sino a quel momento avevo solo sentito nominare, dunque sottostimato. Il sistema offre evidenti vantaggi (i difetti sono relativi e, volendo, colmabili), non mi permette di trovare l'auto dove voglio in città, o lasciarla dove voglio, è vero, ma con un po' di organizzazione rende la vita molto più facile, quasi fino a risolvere del tutto il problema della mobilità. Ha costi sostenibili che, se paragonati a quelli assicurativi, di parcheggio, manutenzione e di carburante per un'auto normale, in un anno, non sono nemmeno lontanamente comparabili e, secondo i miei calcoli, permettono il risparmio giusto per il noleggio di una macchina in occasione di una eventuale gita fuori porta. Non è il solo esperimento di questo tipo, ne è nato un altro, gestito dal Comune, ancora in fase sperimentale, ma al momento quello privato è il solo che permetta di muoversi quasi in ogni momento del giorno e della notte, tra i punti focali della città, con l'aiuto di un semplice smartphone e soprattutto a emissioni zero. Nessun problema potenziale di parcheggio, nessun costo aggiuntivo, nessuna preoccupazione per la macchina.

Un appello alle istituzioni

Da quel momento ho fatto tutto o quasi tutto quanto volessi (si sa, le ambizioni crescono con le possibilità), anche aiutato dal fatto di non avere spostamenti di lavoro quotidiani e, a distanza di un anno se qualcuno mi fermasse in strada chiedendomi se sia possibile vivere a 26 anni, in città, senza un mezzo di locomozione di proprietà, col sudore sulla fronte dei chilometri a piedi e in bici, risponderei che è possibile. E' infatti per una questione di sopravvivenza personale e di sviluppo comunitario, che mi auguro si spengano del tutto le voci su una possibile chiusura del servizio, a quanto pare dovuto ad incomprensioni con le istituzioni cittadine. E mi auguro anche, per me e per gli altri, che Bee possa essere presto nelle condizioni di servire tutto il territorio cittadino, senza escludere alcuna area: è l'essenza di un circolo virtuoso, l'unica vera via per un cambiamento. Non è uno spot, se nascono altre realtà che facciano concorrenza che ben venga, ma credo sia quella la strada giusta, la sola strada.

"Se io posso cambiare e voi potete cambiare.."

Insomma, so di aver raccontato un'esperienza meramente personale, che non può diventare legge generale, davanti alla quale qualcuno potrà dire che "sì, ok, ma tu ti trovi lì, sei avvantaggiato dal posto, dalla presenza dei mezzi e quant'altro, te lo puoi permettere". Rispondo che è vero, (anche se ritenere questi mezzi pubblici un vantaggio è davvero iperbolico) ma che non sono il solo a potermelo permettere e che, affinché tutti se lo possano permettere, dovrebbero incominciare a fare uno sforzo tutti coloro che possono permetterselo. I toni paiono quelli di Rocky che ha appena buttato al tappeto Ivan Drago, ma se ci pensate bene, è così.

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