I Casalesi si facevano cambiare da un imprenditore amico assegni e cambiali delle estorsioni

Era uno dei canali con cui i Casalesi riciclavano i soldi, cambiava gli assegni e le cambiali, anche quelli delle estorsioni, aggirando le banche e facendo arrivare denaro contante nelle casse del clan. È una delle accuse che hanno portato in carcere M. P. S., imprenditore di 70 anni di Villa Literno, che si occupa da anni del settore immobiliare e del commercio dei carburanti. L'uomo è stato dai militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il riciclaggio dei soldi delle estorsioni dei Casalesi
Gli inquirenti, anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno ricostruito il ruolo di S. e i suoi contatti col clan dei Casalesi, in particolare con la fazione del superboss Michele Zagaria detto "Capastorta". Secondo quanto accertato, l'uomo si sarebbe occupato di cambiare in denaro contante gli assegni e le cambiali che gli venivano consegnate da esponenti del clan, tra cui Carmine Zagaria, Antonio Zagaria e Pasquale Zagaria. Per gli inquirenti tra quei titoli c'erano anche quelli che provenivano dalle estorsioni, che in questo modo il clan poteva cambiare facilmente, velocemente e, soprattutto, senza passare dai canali bancari ordinari, quindi senza lasciare traccia del passaggio di quel denaro.
Inoltre, imprese di fiducia dei Casalesi avrebbero partecipato ai profitti delle sue iniziative economiche. In cambio, secondo l'accusa, l'imprenditore avrebbe ricevuto diversi vantaggi dal clan: aiuti a recuperare i crediti, anche con modalità estorsive; interventi delle imprese di movimento terra di Zagaria nelle sue attività edilizie; protezione da altri gruppi criminali.
Tangente da 200mila euro per costruire un parcheggio a Caserta
Per M.P.S. il gip, nell'ordinanza, evidenzia anche "la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza" per la realizzazione del parcheggio San Carlo di Caserta. Secondo l'accusa l'imprenditore, "amministratore di fatto delle società che si sono succedute nella costruzione del centralissimo parcheggio interrato su tre piani", avrebbe versato una tangente da 200mila euro in contanti a due architetti che erano direttori dei lavori, uno dei quali ritenuto uomo di fiducia della fazione Zagaria dei Casalesi, e all'ex dirigente del settore urbanistico del Comune di Caserta per ottenere i permessi di costruzione e per evitare i controlli nel cantiere.