È tra le penne femminili più incisive che abbiano mai scritto di Napoli. Nata in Grecia, ma cresciuta a Napoli, Matilde Serao è stata una delle scrittrici più famose del Mezzogiorno e una tra le prima e più autorevoli giornaliste napoletane, prima tra le fondatrici e direttrici di giornale in Italia. Nata il 7 marzo del 1856 da un avvocato napoletano e una nobile greca, manifestò sin da giovanissime una straordinaria attitudine al racconto e grandi capacità di analisi, le stesse che le avrebbero spianato la strada della narrativa e del giornalismo, al fianco di quello che sarebbe diventato presto il compagno di una vita.
Matilde Serao: la prima donna a fondare un giornale in Italia
Dopo le prime collaborazioni con il "Giornale di Napoli" e "Capitan Fracassa", nel 1891 fondò con Edoardo Scarfoglio approdò al "Corriere di Napoli". Sempre nel 1891 fondò con i Il Mattino, firmando una rubrica dal titolo I mosconi, una storta di spazio satirico in cui venivano presi di mira i personaggi più in vista dell'epoca, con toni leggeri e una dissacrante ironia. La sua burrascosa relazione con il marito finì diversi anni dopo, così come il lavoro nel giornale che aveva fondato che lasciò per gettare le fondamenta de Il giorno insieme al nuovo marito Giuseppe Natale, accanto al quale trascorrerà gli ultimi anni di vita. Ma è soprattuto come scrittrice dalla "fantasia mirabilmente limpida e viva" che è passata alla storia, scrivendo una delle pagine più significative della letteratura italiana.
L'esperienza letteraria: come nacque il Ventre di Napoli
Fu autrice de La conquista di Roma" (1885) e "Vita e avventure di Riccardo Joanna" (1887) che, sempre il critico e filosofo Benedetto Croce definiì "il romanzo del giornalismo italiano", venne candidata al Nobel per la Letteratura nel 1926, che andò poi a Grazia Deledda. Indimenticabile il suo "Il ventre di Napoli" (Milano, Treves, 1884)" romanzo che più di ogni altro restituisce lo specchio della società napoletana del XIX secolo, il cui titolo nacque come risposta provocatoria a alle parole dell'allora presidente del Consiglio Agostino De Pretis, che presentando il programma di intervento urbanistico del Risanamento, parlava di sventrare Napoli, fece eco:
Efficace la frase, Voi non lo conoscevate, onorevole Depretis, il ventre di Napoli. Avevate torto, perché voi siete il Governo e il Governo deve saper tutto. Non sono fatte pel Governo, certamente, le descrizioncelle colorite di cronisti con intenzioni letterarie, che parlano della via Caracciolo, del mare glauco, del cielo di cobalto, delle signore incantevoli e dei vapori violetti del tramonto: tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite, di cui noi abbiamo già fatto e oggi continuiamo a fare ammenda onorevole, inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre; tutta questa minuta e facile letteratura frammentaria, serve per quella parte di pubblico che non vuole essere seccata per racconti di miserie.
Dalla suggestione delle parole del ministro nacque una delle prose più intense e realistiche sulla "pancia" della Napoli piegata in due dalle epidemia di colera, fatta di vicoli, credenze, superstizioni, miseria e speranza.