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Il fiume Sebeto: il corso d’acqua scomparso che ha attraversato secoli di storia di Napoli

Presente nelle antiche cronache greche e successivamente anche nelle opere di poeti come Virgilio e Metastasio, il leggendario fiume Sebeto un tempo scorreva nella città di Napoli: oggi sembra essere a tutti gli effetti scomparso, ma di lui sopravvivono le suggestive leggende e i miti che lo raccontano innamorato della sirena Partenope. Oltre ad una fontana, situata a Mergellina.
A cura di Federica D'Alfonso
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La fontana di Sebeto a Mergellina raffigura la personificazione dell'antico fiume che scorreva nel cuore di Napoli.
La fontana di Sebeto a Mergellina raffigura la personificazione dell'antico fiume che scorreva nel cuore di Napoli.

Esiste un luogo di Napoli in cui l’impeto dell’acqua e la forza del fuoco, in tempi antichi, s’incontravano. Un luogo mitico, poetico, la cui esatta ubicazione geografica si perde nelle memorie e nelle leggende: si tratta del letto del fiume Sebeto, il corso d’acqua che secondo numerosissime fonti antiche attraversava la città ai tempi dei greci e dei romani e che, secondo la mitologia, combatté contro l’ira del Vesuvio per amore della bella sirena Partenope.

Il Sebeto, nelle parole di Virgilio e Metastasio

Il fiume Sebeto in un disegno di Giuseppe Checchetelli (1841).
Il fiume Sebeto in un disegno di Giuseppe Checchetelli (1841).

Oggi si dibatte molto sulla presenza di acque interrate, nella zona che comprende il Centro Direzionale, che sarebbero il residuo di quello che al tempo dei greci era un fiume potente, pescoso e florido: alcune monete risalenti al IV secolo avanti Cristo riportano su uno dei lati la scritta “Sepeithos” insieme all'immagine di un giovane con un corno e i capelli raccolti. Ma le testimonianze più importanti della presenza di questo fiume che arrivava, secondo gli studiosi, fino all'attuale piazza Municipio per poi buttarsi in mare, giungono dalla letteratura. Di lui parlarono poeti come Virgilio, Metastasio, Petrarca e Boccaccio.

L’autore dell’Eneide lo cita nel VII libro in riferimento all'eroe Ebalo, coraggioso figlio di una ninfa fluviale dell’antica Partenope, mentre Metastasio lo racconta come “taciturno e cheto, quanto ricco d’onor povero d’onde” in uno dei suoi Epitalami; sia Petrarca che Boccaccio lo cercheranno invano, memori dei racconti e delle leggende degli antichi, trovando al suo posto soltanto un poverissimo rigagnolo d’acqua ormai quasi scomparso, che gli abitanti chiameranno anche in seguito, non a caso, "sciummitello", ovvero "fiumiciattolo".

Eppure, in epoca antica, questo fiume doveva essere forte ed vigoroso: il suo nome greco deriva da “sepheitos”, ovvero “impetuoso”, aggettivo a sua volta probabilmente derivato dalla lingua accadica, che chiamava “Sepu’ed” il fiume, definendolo “l’onda che irriga”. Un’origine antichissima, ancor più antica della nascita di Neapolis, per il fiume di cui oggi resta solo la memoria, trasformata in mito dalla religiosità che riconosceva alla natura un ruolo di primo piano nella vita degli uomini.

Sebeto e Vesevo: l’amore per la sirena Partenope

Nascendo dal Monte Somma, il Sebeto costituiva la naturale demarcazione fra Neapolis e gli insediamenti più antichi. Ma nell'immaginario antico, il fiume rappresentava anche la personificazione della forza creatrice dell’acqua contrapposta alla terribile potenza distruttrice del fuoco: una delle versioni più famose del mito che lo riguarda racconta il Sepheitos come eterno rivale del dio Vesevo, costantemente impegnato a contrastare i torrenti di fuoco che la divinità vulcanica sputava sulla terra allo scopo di distruggerla.

Una lotta costante fra creazione e distruzione, culminata nell'ultimo scontro per l’amore di Partenope: entrambi, Sebeto e Vesevo, s’innamorarono di lei ma la bellissima sirena, non sapendo chi scegliere, decise di uccidersi trasformandosi poi in uno dei faraglioni di Capri. Per la rabbia Vesevo si trasformò in un vulcano, mentre Sebeto pianse così tante lacrime da dar vita ad un fiume vigoroso, fonte di nutrimento e prosperità per la terra.

La fontana di Sebeto a via Caracciolo

La fontana di Sebeto di via Caracciolo (particolare).
La fontana di Sebeto di via Caracciolo (particolare).

Ridotto a "sciummitiello" dall'avanzare dei secoli e dell’urbanizzazione, il Sebeto è però sopravvissuto nell'immaginario collettivo anche grazie ad uno dei monumenti presenti in città, situato in uno dei luoghi più suggestivi e fotografati di tutta Napoli. Si tratta della fontana di Sebeto: originariamente situata all'imbocco di via Santa Lucia, la fonte monumentale si trova oggi alla fine di via Caracciolo, sul lungomare napoletano.

Il marmo, commissionato all'epoca del Vicereame spagnolo, raffigura un uomo barbuto adagiato su un fianco, attorniato da tritoni e dagli stemmi nobiliari dei viceré: la mitologica origine di Napoli venne allora utilizzata per celebrare il potere del regno, ma oggi rappresenta una delle più belle testimonianze riguardanti il misterioso corso d’acqua che ormai da sempre fa parte della storia della città.

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