Intervista a Immacolata Iacone, moglie del boss di camorra Raffaele Cutolo
«Non l'hanno voluto in vita Aldo Moro». A parlare è Immacolata Iacone, che ha legato la sua vita a quella di Raffaele Cutolo nel 1983. Un matrimonio diverso dagli altri il loro. Iacone sposò giovanissima il fondatore della Nuova Camorra Organizzata, nel carcere dell'Asinara. Con Fanpage.it parla della sua scelta, di come tornando indietro la rifarebbe e dei casi Moro e Cirillo. Quando ci accoglie in casa sua, ci fa accomodare in salotto. Accanto al luogo dove ha vissuto anche Raffaele Cutolo, prima dei lunghi anni di carcere duro a cui è ancora condannato, vive sua sorella maggiore, Rosetta Cutolo. Iacone ci mostra la foto del matrimonio, chiedendo però di non riprenderla: questo è forse l'unico ricordo privato della loro storia nata e cresciuta a cavallo di diverse carceri italiane, custodito gelosamente e mai dato in pasto ai giornalisti, una storia dalla quale è nata una bambina, Denyse Cutolo. Ci spiega che chiunque potrebbe innamorarsi di Raffaele, come preferisce chiamarlo. Cutolo, rievoca vicende che vuole lasciare in disparte per il momento.
Spiega che il marito non sta morendo, contrariamente a quanto riportato negli ultimi mesi. «È un uomo con i capelli bianchi, molto magro. spiega Iacone. Ha varie patologie come problemi alla prostata, diabete, problemi con gli occhi, non stende bene più le mani e non riesce a scrivere, un cristallino che va per fatti suoi poi torna dopo due giorni, ha fatto un'operazione a un occhio e un altro ancora deve fare. Ha problemi con i denti ma una persona che comunque ha tante patologie però ripeto con la sua età è normale». La moglie può incontrare Cutolo, che ora si trova nel carcere di Parma, una volta al mese per un'ora. Senza mai toccarsi.
«Quando mi sono fidanzata con lui, mi disse "due anni e sto fuori" e io risposi "dieci anni e ti aspetto"». Di anni, invece, ne sono passati 36 e Iacone aspetta ancora che suo marito torni a casa. Le chiediamo perché. «È un uomo che merita rispetto innanzitutto, perché è un uomo che non mi ha fatto del male. Io ho amato questa persona, amo questa persona. Ho fatto una scelta e penso che una persona che fa una scelta la deve mantenere fino alla fine, in qualsiasi modo». Per sposare l'uomo di cui si innamorò a 17 anni Immacolata Iacone ha dovuto giurare dinanzi a Dio e alla Chiesa che era una sua scelta. Erano gli anni in cui Cutolo era all'apice del suo potere criminale. «C'era un Vescovo della zona della Sardegna, diceva che era una cosa assurda che mi dovevo sposare e feci un giuramento, dovetti fare un giuramento davanti a lui e davanti alla chiesa che io firmavo che era una mia volontà, una mia decisione fare questa cosa. E ho dovuto fare questo prima del matrimonio».
Quando iniziamo a parlare della Nuova Camorra Organizzata, nata in carcere a Poggioreale, racconta di come Cutolo sostenesse che la NCO fosse «un gruppo suo nel senso che faceva del bene che poi l'hanno sporcata». Una definizione spesso utilizzata dal boss della camorra. Una spiegazione troppo lontana dalla storia, che invece ricorda faide sanguinose con la Nuova Famiglia. Impossibile non chiederle «NCO ha ucciso anche delle persone, no? Stranisce quando dice che faceva del bene in qualche modo». La moglie di Raffaele Cutolo a questa domanda risponde senza esistare: «Sì, avrà fatto anche del male però lui mi ha sempre detto che prima di fare del male e perché veniva fatto a lui. Lui ha pagato dei suoi errori anche con la morte di Roberto». Roberto Cutolo era il figlio di "Don Raffaè", ucciso nel 1990, a 28 anni. Accusato di essere il mandante di quell'omicidio era il boss Mario Fabbrocino, acerrimo rivale di Cutolo padre, morto recentemente e che oggi verrà sepolto a Ottaviano.
Prima di andare via, chiediamo a una delle poche persone che ha un contatto reale con il leader di NCO la verità sui sequestri di Ciro Cirillo e Aldo Moro. «Quello che ho visto io all'epoca è che entravano un sacco di persone, io andavo da mio fratello. Quello che si vedeva, spiega Iacone, era un via vai in questi carceri dove si entrava liberamente. E lui (Cutolo ndr) stava sempre in sala colloqui. Lui aveva salvato la vita di questo signor Cirillo.
Mi raccontava sempre che lo Stato è venuto dall'antistato però in compenso mi hanno regalato l'Asinara». Ciro Cirillo, esponente campano della Democrazia Cristiana, fu rapito il 27 aprile del 1981 a Torre del Greco mentre era nel suo garage. A trattare con lo Stato e le Brigate Rosse, che sequestrarono Cirillo, pare ci fosse anche Cutolo, decisivo per il rilascio del politico corallino. E Aldo Moro? «Non l'hanno voluto in vita Aldo Moro», spiega ancora Iacone. «Mi ricordo che ci fu…ma è scritto anche in alcuni fascicoli, che fu chiesto di poter far liberare Aldo Moro ma qualcuno non ha voluto, poi quanta verità non lo so lui disse così…andò a chiedere per questo signor Cirillo e fu detto anche di Aldo Moro e lui disse "fammi chiedere", è quello che ricordo io questo. Ma non l'hanno voluto in vita Aldo Moro».
Aldo Moro fu rapito il 16 marzo del 1978 in via Fani a Roma, mentre si accingeva ad assistere alla nascita del quarto Governo Andreotti. A rapirlo furono le Brigate Rosse, come accadrà per Ciro Cirillo, con una differenza: Aldo Moro non verrà rilasciato. Nei 55 giorni di prigionia, nonostante la possibilità paventata dal boss di NCO, stando a quanto racconta Immacolata Iacone, Moro non verrà salvato. Verrà ritrovato il 9 maggio dello stesso anno in via Caetani, tra la sede del nuovo Partito Comunista Italiano e quella della Democrazia Cristiana. Impossibile non chiedere, allora: «Suo marito non ha mai saputo il motivo di questa scelta così diversa?». La risposta non riesce però a risolvere questo dubbio: «Ma può darsi che la sa, può darsi pure che la sa».