In piazza contro la camorra anche il figlio del boss: “Voi camorristi ci fate schifo”
"Io ho 23 anni ed è la prima volta che scendo a manifestare in piazza perché veramente sono stanco di sentirmi "figlio di"". Lui è Antonio Piccirillo, figlio del ras de La Torretta Rosario Piccirillo, quartiere di Chiaia, che oggi è in carcere. Antonio ha deciso di scendere per la prima volta in piazza, per manifestare contro la camorra. Stringe uno striscione: "La camorra è una montagna di merda". Mentre sfila, insieme all'associazione "Ex D.O.N.", accanto a lui ci sono familiari di vittime innocenti di camorra, istituzioni, associazioni.
Piccirillo: Genitore che fa del male non è buon genitore"
Racconta la sua storia, a tutti, prendendo anche il megafono in mano, senza aver paura che la sua voce arrivi anche oltre quella manifestazione, organizzata dalla cittadinanza per pregare per la piccola Noemi, che lotta tra la vita e la morte dopo essere stata ferita per errore durante un agguato di camorra. "Se parlo da figlio di camorrista, non posso andare da nessuna parte, io parlo da Antonio Piccirillo, che vuole un futuro migliore per mio padre e per le future generazioni". Poi si rivolge ai figli dei camorristi: "Non nascondetevi dietro il dito per favore, i vostri padri non servono a niente, i nostri padri non servono a niente. Volergli bene è un fatto di natura che ce lo impone, la stima è quella a essere importante per un genitore. Un genitore che fa del male, che fa soffrire gli altri non può essere ritenuto un buon genitore". In quello striscione Antonio ci crede, tanto da aggiungere che neanche le mosche si fermano più su quella merda chiamata camorra. Quando prende la parola la piazza lo applaude, lo sostiene. Qualcuno gli dice "vieni dietro il nostro striscione", quello dove troneggia la scritta "DisarmiAmo Napoli".
Accanto a lui, dopo un lungo abbraccio, c'è Samuele Ciambriello, Garante dei Detenuti della Regione Campania, che lo accoglie e dice: "Ci sono storie come questa di Antonio che sono piccole cose dal valore non quantificabile, questa è una delle centinaia di storie in positivo, però occorre proteggerle, coltivarle e soprattutto promuoverle". Antonio continua a marciare, poi si ferma. In tanti chiedono perché abbia deciso di scendere in piazza proprio oggi. Seduto ai tavolini del bar dove la piccola Noemi è stata ferita, il "Caffè Elite", spiega che il suo non è coraggio ma un atto dovuto, quasi un impegno morale. E che a volte sono i figli a dover salvare i padri. "Il "figlio di" deve protestare e smuovere le coscienze dei propri genitori". Samuele Ciambriello, poi, aggiunge, «Tra il dire e il fare c'è una cosa importante: il coraggio. Questo ragazzo oggi ne ha avuto tanto, è stato un gesto importante. Oggi Antonio era nel posto giusto al momento giusto". Prima di andare via il 23enne lancia l'appello più forte, quello ai tanti padri camorristi: "Per favore, fate un passo indietro. Fate schifo, fate schifo, ci fate schifo a noi giovani e a noi figli".