Un incendio non è un terremoto, non è un evento imprevedibile. Per quanto madre natura e per quanto la mano distruttrice, più infame d'ogni cosa, dell'uomo, possano causare danni enormi in poco tempo, un incendio può essere circoscritto, domato, arginato. Le aree con vasta vegetazione possono essere monitorate, i soccorsi possono essere allocati a ridosso delle zone a rischio. Ecco: tutto questo al Vesuvio non è stato fatto e il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti. Ma si sapeva, si sapeva eccome che quell'area vulcanica era a rischio. Lo si sa da sempre. Eppure la Regione Campania quest'anno se n'è accorta soltanto otto giorni fa.
Possibile? È tutto nero su bianco, nel decreto dirigenziale 33 del 4 luglio scorso, emesso dal dipartimento 50, direzione 9 della burocrazia campana, la "Direzione generale per il governo del territorio". Oggetto: «Dichiarazione dello stato di grave pericolosità per gli incendi boschivi anno 2017». Proprio così. L'ente oggi guidato da Vincenzo De Luca ha «reso noto lo stato di grave pericolosità per gli incendi boschivi sull’intero territorio della Regione Campania» dal 4 luglio al 30 settembre 2017. E dire che già nel mese di giugno c'erano stati preoccupanti roghi sul versante vesuviano in zona Ercolano. Ma Palazzo Santa Lucia solo da 8 giorni ha disposto «il divieto
assoluto di bruciatura di vegetali, loro residui o altri materiali connessi all’esercizio delle attività agricole nei terreni agricoli, anche se incolti, degli orti, parchi e giardini pubblici e privati, nonché la combustione di residui vegetali forestali» nonché l'attivazione dei controlli ispettivi degli enti ferroviari e stradali e del Comuni per contrastare gli incendi boschivi. Tardi troppo tardi, i criminali del fuoco hanno fatto prima. E hanno trovato strada libera.