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Infermieri emigrati, bloccati fuori dalla Campania: “Tornare a casa è un nostro diritto”

Per chiedere che sia rispettato il loro diritto di tornare a casa, diverse centinaia di infermieri hanno manifestato sotto gli uffici della Regione Campania, a Napoli. “E’ tempo di tornare a casa”, recita il manifesto che campeggia tra i manifestanti. Nella regione sono bloccate infatti le procedure di mobilità.
A cura di Gaia Bozza
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Infermieri campani in piazza per chiedere una cosa semplice: tornare a casa. Sono oltre 1.500, secondo una stima del sindacato Usb, i professionisti della sanità che a causa del blocco delle assunzioni degli scorsi anni in Campania sono emigrati per lavorare in altre regioni. E ora, come risucchiati, non riescono a tornare. Età media? Circa quarant'anni, con famiglia spesso divisa in due città: quella di origine e quella nella quale lavorano.

Per chiedere che sia rispettato il loro diritto di tornare a casa,  diverse centinaia di infermieri hanno manifestato sotto gli uffici della Regione Campania, a Napoli. "E' tempo di tornare a casa", si legge sul manifesto che campeggia tra i manifestanti. E i professionisti della sanità vogliono farlo con un provvedimento che in altre regioni d'Italia è la normalità: la procedura di mobilità che il commissario Joseph Polimeni può avviare.

Da un lato gli infermieri patiscono l'impossibilità di tornare, dall'altro la Campania continua ad assumere gli interinali, attraverso le società di reclutamento del personale, violando di fatto un articolo della Costituzione italiana. L'articolo 97, per la precisione, che recita: "Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso".

Come se non bastasse, in Campania la carenza di organico è massiccia, le unità operative chiudono poiché non riescono ad assicurare il giusto personale e mantenere i livelli essenziali d’assistenza. Poi ci sono i pensionamenti e le procedure di mobilità potrebbero alleviare le carenze di organico arricchendo il servizio con personale qualificato e senza ricorrere continuamente a contratti atipici e precari.

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