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Covid 19

L’infettivologo Faella: “A Napoli mai dovuto scegliere tra chi curare e chi far morire”

Intervistato da Fanpage.it, l’infettivologo Franco Francesco Faella, per decenni in servizio al Cotugno, racconta la situazione nei reparti Covid del Loreto Mare, di cui è coordinatore. Al momento “Il sistema sanitario della Campania sta tenendo”. “Un esame sierologico di massa – spiega – potrebbe aiutare a comprendere la diffusione dell’epidemia e a individuare gli immuni”.
Intervista al Dott. Franco Faella
Infettivologo, coordinatore del reparto Covid-19 all'ospedale Loreto Mare di Napoli
A cura di Nico Falco
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In Campania il sistema sanitario sta tenendo, non c'è stata la necessità di scegliere chi curare e chi no, come invece paventato in altre realtà. Nei reparti Covid del Loreto Mare i pazienti più gravi sono stazionari, ci sono ancora dei posti liberi in Terapia Intensiva per eventuali nuovi ricoveri, ma ora l'importante è "seguire le raccomandazioni, nella speranza che il 4 maggio si possa riprendere la strada per una vita relativamente normale". Lo spiega il professor Franco Faella, uno degli infettivologi più esperti d'Italia, "richiamato al fronte" per coordinare i reparti del Loreto Mare dedicati ai pazienti affetti da Covid-19.

Faella era andato in pensione 5 anni fa, come direttore del Dipartimento Infettivologico del Cotugno, ma il medico ha deciso di tornare in campo per tre motivi: per affrontare una nuova sfida contro un virus sconosciuto, per aiutare la sua città e perché, come ha raccontato sorridendo e senza mezzi termini in una precedente intervista a Fanpage.it, tirarsi indietro in questo momento sarebbe stata una mossa da vigliacchi.

Professore, quale è la situazione attuale nei reparti Covid del Loreto Mare?

Abbiamo un numero costante di pazienti nella Medicina, circa una trentina, i 5 o 6 che sono in Rianimazione sono stazionari. Nei giorni scorsi abbiamo dimesso due persone, entrambe con tampone risultato negativo. Per fortuna qui il medico non ha dovuto mai scegliere chi curare. Un ringraziamento va a tutto il personale, che sta lavorando con merito e dedizione, senza tirarsi mai indietro: anche grazie a loro la situazione è sotto controllo.

È stata ventilata l'ipotesi che col caldo la diffusione del coronavirus possa essere rallentata. Ci sono evidenze in questo senso?

È un virus sconosciuto, ma le temperature in situazioni del genere contano poco. Basti pensare al Coronavirus della Mers: si è diffuso in penisola arabica, dove le temperature sono sempre molto alte. Non possiamo quindi dire che il caldo possa fermarlo.

Si parla molto in questi giorni degli esami anticorpali, anche per una sorta di "patente di immunità" a chi ha già avuto la malattia da asintomatico e l'ha superato. È una ipotesi concreta?

Questo tipo di esame ha una valenza sul piano epidemiologico ma non diagnostico. Serve a fare uno studio per capire come si è diffuso, ma non ha senso farlo a pochi pazienti e nei Pronto Soccorso. Con un esame sierologico di massa, invece, si potrebbe avere non solo una informazione completa sulla diffusione, ma anche stabilire la reale mortalità, che sicuramente sarebbe del 2, del 3%, molto più bassa di quella stimata oggi.

Dopo gli esami di massa si potrebbe pensare anche a una conseguenza pratica: esaminando gli anticorpi è possibile scoprire chi ha già superato la malattia e quindi è immune. Noi oggi non sappiamo quanto dura il periodo di immunità per una persona guarita dopo l'infezione da Sars-Cov-2, c'è bisogno che passi il tempo per scoprirlo, ma, se vogliamo comprare questo virus agli altri che conosciamo, possiamo dire che sicuramente un periodo di immunità esiste.

Dopo oltre un mese di chiusura si registrano ancora contagi. Cosa vuol dire?

I contagi scoperti oggi possono risalire anche a 20 giorni fa e oltre. Il problema, oltre ai contagi derivanti da quei pochi che si muovono, restano i pazienti positivi asintomatici, che vengono definiti anche super spreaders, ovvero super contagianti, che hanno una carica virale più elevata dagli altri e quindi distribuiscono più virus. Per questo motivo ci sono ancora contagiati nonostante siamo chiusi in casa.

Se volessimo fare un appello o una rassicurazione?

Possiamo fare un appello e una rassicurazione. Bisogna seguire le raccomandazioni che vengono diffuse, quindi rimanere in casa. E speriamo che il 4 maggio si possa riprendere una vita piuttosto normale. Tra l'altro il 4 maggio è anche una data significativa, per i napoletani (ride, ndr): era il giorno in cui erano consentiti gli sfratti…

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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