Isochimica Avellino, la strage silenziosa dell’amianto: ancora vittime tra gli operai
Ancora un decesso tra gli ex operai del vecchio stabilimento dell'Isochimica di Avellino, l'azienda che negli anni Ottanta coibentava l'amianto nelle carrozze ferroviarie. Si tratta del ventinovesimo operaio deceduto perché vittima di una patologia che sembrerebbe correlato alla lunga esposizione all'amianto. Angelo, questo il nome dell'ex operaio morto quest'oggi, si era costituito parte civile nel processo di primo grado ancora in corso a Napoli, e che proprio in questi giorni ha visto un rinvio al prossimo 28 febbraio, quando è prevista la prossima udienza. Appena due anni fa, anche il cognato di Angelo era deceduto per una grave malattia: anche lui aveva lavorato all'interno dell'azienda.
Azienda che, negli Anni Ottanta, era sta vista quasi come una "manna" dal cielo: uno stabilimento che concedesse la possibilità a centinaia di operai di lavorare in pianta stabile in un territorio come quello irpino che da sempre soffre del problema del lavoro tra i giovani, e che in quel periodo era anche reduce dal disastroso terremoto del 1980. Ma degli oltre 300 operai che lavorarono nell'Isochimica che sorgeva nel Borgo Ferrovia, Angelo è solo l'ultimo di una lunga lista di "caduti" per gravi malattie correlate proprio alla lunga esposizione all'amianto, la cui produzione, lavorazione e vendita sono fuori legge in Italia dal 1992. Ma i rischi per la salute erano già noti: nel 1930, vi erano stati studi medici che avevano dimostrato il rapporto diretto tra utilizzo di amianto e tumori, mentre nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, anche la Germania istituì un risarcimento per i lavoratori colpiti da cancro al polmone e mesotelioma, conseguenza diretta dell'inalazione dell'amianto. E tuttavia, il primo paese a bandire ufficialmente l'amianto fu l'Islanda nel 1983, più di cinquant'anni dopo i primi studi medici inglesi. In Italia, il divieto arrivò nel 1992.