L’attivista che denunciò la cella zero di Poggioreale ora non può fare visita ai detenuti
Pietro Ioia è un ex detenuto che però vent'anni fa ha deciso di cambiare vita e si è esposto pubblicamente. Da quindici anni è un attivista per migliorare le condizioni di vita nelle carceri: soprattutto nel carcere di Poggioreale, a Napoli, che è stato più volte pietra dello scandalo in Europa, per sovraffollamento, negazione di diritti e per denunce di percosse.
Per anni, Ioia ha denunciato la presenza di una "cella zero", cioè una cella (o più celle) dove i detenuti sarebbero stati spogliati e malmenati, e ha supportato le denunce, a Fanpage e poi alla magistratura, di altri detenuti nel 2014. Quelle denunce hanno portato a un processo che, però, di rinvio in rinvio, rischia di andare in prescrizione. Intanto, la sua attività con l'associazione "Ex detenuti napoletani organizzati" è continuata e lo ha portato più volte in visita in varie carceri campane: "Sono stato tre volte a Poggioreale, una volta a Secondigliano e una volta a Santa Maria Capua Vetere – racconta Ioia – insieme ai Radicali Italiani e a una associazione di giovani avvocati vesuviani nel 2017. Sarei dovuto entrare di nuovo in visita in varie carceri campane insieme ai Radicali, ma l'amministrazione penitenziaria mi ha negato l'accesso".
C'è da dire che in caso di visite non ispettive, il permesso accordato è discrezionale e può tenere conto di vari fattori, tra i quali la presenza di importanti precedenti penali, ma è anche vero che le persone con precedenti penali entrano in visita spesso senza particolari problemi insieme a delegazioni di attivisti, movimenti o partiti: "E' vero che ho precedenti penali importanti – ribatte Ioia – Ma sono entrato già diverse volte senza alcun problema, soprattutto quando c'era il direttore Antonio Fullone a Poggioreale andavo dove volevo, non c'erano limitazioni come a volte invece capita in altre occasioni, ma il mio intento è sempre stato quello di contribuire a migliorare le condizioni di vita delle persone in carcere". Quando ha ricevuto questo diniego, per Ioia è stato un vero e proprio schiaffo: "Un'umiliazione insostenibile. Un detenuto, attraverso la moglie, raccontò che nel corridoio sentì due agenti di polizia penitenziaria lamentarsi del fatto che io entrassi in visita in carcere, ho il terribile sospetto di essere visto come un nemico perché denuncio ciò che non va all'interno delle carceri, compresa la "cella zero" per la quale è in corso un processo per dodici agenti imputati".
Qualcuno potrebbe aver sottolineato i suoi precedenti penali, ma al momento non si conosce la motivazione del rifiuto dell'amministrazione penitenziaria di far entrare l'attivista: "Nella mia vita, per cambiare – assicura Ioia – Ho fatto un percorso di miseria anche totale pur di non ricadere nel crimine, e in questo sono stato aiutato solo dai miei figli. Mi sento riabilitato e non grazie allo Stato, ma quando ti senti di nuovo escluso come adesso è un'umiliazione insopportabile. La mia attività per i detenuti è quella per il cosiddetto Stato di diritto, cioè che siano rispettati i diritti fondamentali delle persone, solo così il carcere serve a qualcosa, e la mia battaglia fuori è spinta anche dal fatto che l'assenza di alternative spinge di nuovo a compiere reati. Sbattendomi la porta in faccia mi hanno fatto sentire di nuovo un delinquente, anche se sono un uomo diverso. Il mio terribile dubbio, che spero non sia mai confermato, è che le mie denunce pubbliche abbiano avuto un ruolo in questa esclusione. Comunque non mi fermerò, il 10 Maggio (data della prossima udienza del processo sulla cella zero) con altri ex detenuti sarò in presidio davanti al Tribunale di Napoli, perché non è possibile che questo processo vada in prescrizione e non si conosca la verità su quanto accaduto in carcere".