L’ex boss dei Casalesi Francesco Schiavone tenta il suicidio
Ha tentato il suicidio due volte Francesco Schiavone cugino dell'omonimo e boss del clan dei Casalesi "Sandokan". L'esponente della
cosca attiva nella provincia di Caserta, detenuto nel carcere dell'Aquila in regime di 41/bis, ha cercato di togliersi la vita prima tentando di impiccarsi con una corda, la seconda tagliandosi le vene dei polsi. Ad accendere i riflettori sulla vicenda e sulle condizioni di detenzione dei reclusi in regime speciale è stato il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni con cui Schiavone, da mesi l'ex esponente del clan è in contatto.
Nei mesi scorsi i legali si Schiavone avevano presentato ricorso alla magistratura di Sorveglianza per le condizioni inumane di detenzione e in particolare sugli spazi insufficienti in cui sono costretti a vivere i reclusi. Il Tribunale di Sorveglianza ha accolto il ricorso ma contro la decisione del Magistrato di sorveglianza si è appellato il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. "Mi hanno salvato – scrive Schiavone in una lettera indirizzata al Garante – ma era meglio se non lo facevano, nella disumanità che si vive in questa condizione la morte è una liberazione. Qui un ergastolano vive come un animale legato da solo ad una catena e non può muoversi, comincia a mordersi da solo. Ho perso la fiducia di me stesso e penso che solo la morte mi può salvare da questa ingiustizia". Sulla vicenda il Garante ha inviato una lettera al DAP chiedendo chiarimenti alla direzione del carcere abruzzese.