Il “Sistema Marano”: sindaci, Deputati e tecnici nel Comune di Gomorra
Riceviamo e pubblichiamo:
"Spett. Redazione Fanpage
Con riferimento al servizio pubblicato nella giornata di ieri 1 giugno 2017 dal titolo “Vi spiego come funziona la Camorra” mi corre l’obbligo di proporre alcune precisazioni indispensabili per la giusta lettura di cose che nell’improvvisazione dell’intervista sono state da me male espresse e che potrebbero prestarsi a interpretazioni fuorvianti e per la necessaria rettifica di un nome da me citato in maniera sbagliata.
Nell’indicare l’ex sindaco Perrotta come quello che si è succeduto a me nell’amministrazione di Marano l’ho inappropriatamente definito “uomo della camorra”: non intendevo certo con ciò affermare che Perrotta è uomo di camorra , cosa che nei fatti non corrisponde a verità, ma intendevo “L’uomo che la camorra ha appoggiato”: la differenza è sostanziale e la rettifica necessaria.
Nell’indicare il padre dell’ex sindaco Liccardo per mero refuso ho erroneamente parlato di “Pasquale” (che in effetti era lo zio) invece di Castrese; anche questa rettifica mi sembra necessaria.
Chiedo che questa mia precisazione, a ristabilire la giusta verità dei fatti, venga pubblicata dalla Vostra testata con un risalto sufficiente a fungere da correzione effettiva.
Mi complimento per l’ottima fattura del servizio, ringrazio per l’attenzione accordatami e per la rettifica che vorrete quanto prima pubblicare.
Mauro Bertini"
Dal 1999 al 2014 il Comune di Marano – in provincia di Napoli – è stato governato di fatto dal sodalizio criminale formato dal clan Polverino e dal clan Nuvoletta, l'unico clan campano riconosciuto da "Cosa nostra" e direttamente legato ai corleonesi di Totò Riina. Il quadro che emerge dalle indagini della Procura di Napoli e le conferme raccolte nel reportage di Fanpage.it dipingono uno scenario in cui Marano sembra proprio il "Comune di Gomorra". L'affare del PIP, l'area industriale costruita dalla ditta di Raffaele e Aniello Cesaro, fratelli del deputato di Forza Italia Luigi Cesaro, ha un valore di 40 milioni di euro e secondo le indagini della DDA l'intera area è stata realizzata in società di fatto con il clan Polverino. Dall'approvazione del progetto in consiglio comunale fino alla sua realizzazione e collaudo passano circa 15 anni, un periodo in cui si sono alternate tre amministrazioni comunali sostenute da tre coalizioni diverse che a vario titolo hanno avuto a che fare con il grande affare gestito dalla camorra. Il primo sindaco fu Mauro Bertini eletto ai tempi con Rifondazione Comunista, tra la fine degli anni '90 e l'inizio dei duemila, poi Salvatore Perrotta del Partito Democratico tra il 2006 e il 2011, infine dopo la parentesi durata circa un anno di Mario Cavallo sostenuto da una coalizione civica è stato il turno di Angelo Liccardo di Forza Italia sindaco dal 2013 fino allo scioglimento del Comune nel 2017.
Bertini indagato: "Nella mia segreteria il padre del prestanome dei Polverino"
La lunga intervista a Mauro Bertini realizzata da Fanpage.it traccia uno scenario inquietante. L'ex sindaco, toscano di origine, lo dice subito: "A Marano comanda la camorra". Bertini spiega di non aver mai accettato le pressioni della camorra e di non aver mai ricevuto soldi da nessuno. Quello che però confessa nel fuori onda, oltre al contenuto delle intercettazioni agli atti dell'inchiesta giudiziaria, delineano un quadro molto più fosco. "Nella mia segreteria avevo un uomo che aveva il figlio che era il prestanome dei Polverino, lo facevo per tenerli sotto controllo, spesso con i Polverino le notizie glie le mandavo gettando delle carte nel cestino" dice. Il fuori onda dell'ex Rifondazione continua: "Non mi sono bastati 13 anni per cambiare la struttura della città – e poi precisa – ai Polverino i messaggi glie li mandavo per depistarli". I soldi? Bertini dice che non glie ne hanno mai offerti, ma fuori onda ammette: "Mica solo i Cesaro sai quanti mi hanno offerto dei soldi? Non li ho mai presi". Nelle intercettazioni captate dal Ros dei Carabinieri Antonio Di Guida, costruttore, socio dei Cesaro ed ex Assessore provinciale di Forza Italia parla con Raffaele Cesaro, proprio di presunte mazzette date a Bertini: "Ce la devo far vedere io a Bertini, quello si è preso i soldi da mano a me" dice Cesaro a Di Guida che replica "Ho parlato anche con l'avvocato, non lo posso denunciare altrimenti mi arrestano per concussione". I due sembrano essere mossi dall'ira per l'opposizione che Bertini attua in consiglio comunale contro il PIP nelle amministrazioni che gli successero. Negli anni dell'amministrazione del comunista di origini toscane, fu approvato il progetto definitivo del PIP, l'area industriale nella zona di San Rocco di Marano che i Polverino ed i Cesaro dovevano costruire. I magistrati dopo aver riascoltato l'ex sindaco Bertini lo hanno iscritto nel registro degli indagati per una presunta mazzetta di 50 mila euro che gli sarebbe stata versata da Raffaele Cesaro.
Perrotta e il Pd : 22 mila voti per il signor nessuno
Dopo l'amministrazione Bertini nel 2006 vinse le elezioni Salvatore Perrotta del Partito Democratico sostenuto anche dall'ex partito di Bertini Rifondazione Comunista. Per Bertini Perrotta era l'uomo della camorra: "Dopo di me 22 mila persone votarono Perrotta, l'uomo della camorra che nessuno conosceva". Durante l'amministrazione Perrotta si realizzano i lavori del PIP le imprese dei Cesaro in accordo con i clan realizzano i capannoni industriali, secondo i magistrati di Napoli commettendo una serie di illeciti rendendo di fatto l'opera illegale. Davanti ai pm coordinati da Giuseppe Borrelli della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, l'ex Sindaco Pd ha detto di non conoscere i Cesaro, ma a tradirlo sono proprio le intercettazioni registrate dal Ros tra lui e Raffaele Cesaro. Proprio Perrotta parlava al telefono con Raffaele Cesaro in merito alla costruzione di una scuola a Marano: "Caro avversario – dice Perrotta al telefono con Cesaro – perché io e te siamo avversari? – Risponde uno dei costruttori – almeno in politica si fammelo dire" gli risponde l'ex Sindaco. Durante il governo del centro sinistra a capo dell'ufficio tecnico del Comune di Marano viene nominato Gennaro Pitocchi, già dirigente del Comune di Teverola e Gricignano d'Aversa, considerato dagli investigatori uomo di fiducia dei Polverino e dei Cesaro. Secondo l'indagine Pitocchi viene messo alla guida dell'ufficio tecnico per sbloccare la vendita dei capannoni del PIP e fra rientrare dell'investimento i Cesaro e i Polverino, nonostante la documentazione lacunosa o addirittura alternata. Fu proprio Perrotta ad avallare la nomina di Pitocchi a capo dell'ufficio tecnico ed ammette davanti ai magistrati di averlo fatto dopo aver convocato una riunione di maggioranza. Pitocchi in breve tempo diventa il dirigente più potente del Comune di Marano tanto che chi si mette contro di lui subisce anche dei rapporti disciplinari. E' il caso di Luigi De Biase, altro dirigente del Comune di Marano che scrive una lettera riservata al Sindaco Perrotta segnalando che Pitocchi ricopriva il ruolo di dirigente in altri due Comuni e pertanto la sua nomina a capo dell'ufficio tecnico del Comune di Marano era nulla. Dopo la lettera privata De Biase viene accompagnato da Antonio Di Guida presso gli uffici dei fratelli Cesaro a Sant'Antimo dove Raffaele e Aniello gli impongono un chiarimento alla presenza di Pitocchi. Pochi giorni dopo il chiarimento per De Biase arriva un procedimento disciplinare.
Il centro destra di Liccardo: si avviano i collaudi del PIP
Dopo la breve parentesi che ha visto Mario Cavallo alla guida del Comune di Marano tra il 2011 e il 2012, giunta che terminò la sua esperienza per la mancata approvazione del bilancio, alla guida del Comune arriva Angelo Liccardo di Forza Italia, un giovane legato inizialmente proprio ad Antonio Di Guida, finito in carcere a seguito dell'inchiesta. Sotto la gestione Liccardo l'apparato amministrativo effettua i collaudi delle strutture sotto la pressione dei Cesaro e dei Polverino. Mauro Bertini traccia la biografia di Angelo Liccardo: " Lui è nipote di Pasquale Liccardo che era l'ufficiale di collegamento tra i Nuvoletta e Totò Riina". Durante la consiliatura del centro destra l'assessore alla legalità della giunta Liccardo è Domenico D'Ambra. "E' il consuocero di Angelo Nuvoletta ed è consuocero di Lubrano (Armando ndr) il fratello di quello che ha ammazzato il giudice Imposimato" prosegue Bertini. Si fa riferimento agli esponenti del clan Orlando – Lubrano recentemente arrestati in un maxi blitz coordinato proprio dalla DDA di Napoli. Il clan che era arrivato al vertice dopo gli arresti che avevano colpito i Polverino, era diventato il padrone del territorio maranese. Una macchina amministrativa e politica corrotta fino al midollo stando alle dichiarazioni dell'ex sindaco: "C'erano 32 dipendenti comunali partenti dei camorristi nella pianta organica del Comune" sottolinea Bertini. Ma nel marcio c'è stata anche una figura che ha saputo dire di no alle pressioni della politica e della camorra. Si tratta di Paola Cerotto, ex dirigente del Comune di Marano, ora al Comune di Napoli, che si rifiutò di incontrare Luigi Cesaro, il deputato di Forza Italia, che voleva parlare proprio dell'area PIP. "Venni avvicinata da un noto politico di Sant'Antimo che conoscevo bene – dice la Cerotto a Fanpage.it – mi disse che l'onorevole Cesaro voleva incontrarmi ed ebbi la netta sensazione che volesse parlare del PIP". "Io rifiutai – prosegue la Cerotto – perché non mi sembrava opportuno incontrare Cesaro per parlare del PIP che interessava proprio i suoi fratelli". L'amministrazione Liccardo però non riesce a concludere il suo mandato. Fu proprio Di Guida ad abbandonare il suo pupillo grazie anche all'opposizione fatta in consiglio comunale da sua nipote Angela Di Guida, figlia di suo fratello Pasquale anche lui in carcere, che a soli 23 anni ricopriva già il ruolo di presidente del consiglio comunale.
Indagato anche Luigi Cesaro
"La camorra ha spazzato via ogni ostacolo per realizzare il suo affare" racconta a Fanpage.it Giuseppe Borrelli della DDA di Napoli che ha coordinato l'inchiesta. "I Polverino e i Cesaro erano una società di fatto, non si pagava il pizzo come una qualsiasi ditta che va a costruire un'opera in una zona di camorra, ma in questo caso camorra e imprenditori si sono messi in società" spiega. Sullo sfondo ovviamente la politica con i Cesaro forti dell'appoggio del fratello Luigi di Forza Italia, già Presidente della Provincia di Napoli e oggi deputato e Antonio Di Guida già consigliere e assessore provinciale di Napoli con Forza Italia e in passato anche assessore comunale nella giunta di Salvatore Perrotta. Oltre ai 4 indagati finiti in carcere la Procura dovrà chiarire le responsabilità dei tecnici comunali e anche dei sindaci che si sono succeduti negli ultimi 15 anni ovvero Mauro Bertini, Salvatore Perrotta e Angelo Liccardo. Nell'inchiesta della Procura il nuovo indagato è Luigi Cesaro, il deputato è accusato di aver fatto pressioni a Paola Cerotto, come ricostruito nel reportage di Fanpage.it. Agli atti dell'inchiesta sul deputato di Forza Italia ci sono anche le dichiarazioni di diversi pentiti. Tra queste quella di Tammaro Diana, pentito dei casalesi che racconta ai magistrati proprio il contesto in cui è maturato l'affare PIP: "L’accordo comportava che in cambio del pagamento di somme di denaro e l’aggiudicazione della fornitura di calcestruzzo a ditte dei Polverino, i Cesaro, [… ] avrebbero ottenuto la aggiudicazione degli appalti dell’area PIP, grazie all’intervento del clan Polverino sulle Istituzioni locali quale le Amministrazioni comunali, la Provincia e la Regione. Infatti […] Luigi Cesaro si era sempre reso disponibile con i Polverino per risolvere i loro problemi con la Provincia di Napoli e con la Regione, e che Cesaro Luigi aveva rapporti con il clan sin dai tempi di Cutolo, e faceva affari con vari clan della camorra della provincia di Napoli e paesi limitrofi". Dichiarazioni molto pesanti che andranno ovviamente accertate. Di sicuro l'inchiesta sul "Comune di Gomorra" non si fermerà qui.