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La ricercatrice universitaria dai voti perfetti prova a fare la baby sitter ma la scartano

La delusione di una dottoressa di ricerca in Giurisprudenza. Con un piccolo contratto (precario) da ricercatrice cerca di arrotondare facendo la baby sitter part-time ma l’agenzia cui si rivolge la scarta senza appello.
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Giurista esperta in diritto penale, italiano, comparato ed internazionale, tra un esame universitario ed una lezione agli studenti del dipartimento di Giurisprudenza a Napoli ha provato a raggranellare qualche soldino proponendosi, in mancanza di meglio, ad una agenzia di babysitting. Il responso è stato impietoso: scartata.

Questa è la storia di Maria, nome di fantasia, poco più di trent'anni, una vita con la schiena china sulle carte, una gioventù spesa a studiare senza sosta, con qualche digressione dedicata all’impegno sociale e politico. Per due anni ha ricoperto il ruolo di assessore in una importante città alle porte del capoluogo. Maria ha un piccolo incarico in ambito universitario, che è pure in scadenza: contratto di 6mila euro lordi annui, cifra che dovrebbe essere diminuita con il rinnovo. Insomma, Maria è un genio del diritto ed una persona di grandi capacità ed inventiva che però non riesce a trovare neppure un lavoro di quelli che, in genere, si fanno fare a ragazzine di diciotto anni senza alcuna particolare esperienza.

Insieme ad una amica, anche lei dottoressa di ricerca in legge, per far fronte alle spese mensili dopo aver lasciato la casa dei genitori, tra una prova di un concorso pubblico ed un’altra, aveva deciso di rispondere alla chiamata di una agenzia che seleziona babysitter. Risultato? “Una tragedia dai toni farseschi”, la definisce. “Eravamo scocciate perché magari a quest'età, dopo svariati percorsi formativi e di lavoro, ti immaginavi altrove, ma, vabbè, il lavoro è lavoro e ahimè è necessario, ogni lavoro è dignitoso eccetera. – chiarisce – Arriviamo in quest'agenzia ed affrontiamo un generico colloquio collettivo insieme ad altre sei ragazze giovanissime, molto ‘frizzantine', ma visibilmente insicure e non solide. Ebbene, siamo state scartate. Solo io e lei.”

Maria e la sua amica decidono di prenderla con filosofia e ci scherzano su: “Usciamo ridendo, ma visibilmente ferite. Eh sì, questo rifiuto assume i contorni di un rifiuto amoroso, di una valutazione personale, peggio di non passare un concorso "oggettivo" (per quello che resta di oggettivo ormai in questo Paese).” Provano a cercare qualche motivazione per una decisione così incredibile: brutte non solo, tanto vecchie neppure. Forse, si dicono, si sono mostrate troppo serie o può darsi che il selezionatore si sia lasciato influenzare dal fatto che siano laureate in Giurisprudenza.

"Il prossimo colloquio lo farò presso un'impresa di pulizie con la gomma in bocca, ed un pantalone stracciato e senza cv.” Su Facebook la giovane, scherzando, si rivolge alla sua platea di amici:  “Se avete soldi, chiamateci per qualsiasi cosa. Part time, no perditempo. Ora, nel frattempo, iniziamo ad ubriacarci. Chi si volesse aggiungere, ci trova a casa. Se nel corso di quest'anno non superiamo alcun concorso, o espatriamo o, come diceva Mario Magnotta, ci iscriviamo ai terroristi. Buona giornata a voi, buon vino a noi. Povero Paese.”

Poi, però, il tono si fa più serio e scatta la denuncia sociale: “Ah. Il Jobs Act non funziona, la legge Gelmini non funziona, la buona scuola non funziona. Per inciso, hanno fatto un concorso nella scuola riservato agli abilitati, per ricorso ci stanno entrando i dottori di ricerca perché in questo Paese i requisiti di concorso li fa la giurisprudenza, chi ha soldi da spendere per i ricorsi e non il legislatore. "C’è da essere certi che Maria non si fermerà in preda allo sconforto. Non è nella sua natura.

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