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L’annuncio di lavoro razzista: “Cerco 3 pizzaioli (che non siano napoletani)”

Un annuncio di lavoro pubblicato su Facebook in un gruppo di cuochi ha suscitato profonda indignazione sul web: tra le varie figure ricercate dal futuro datore di lavoro ci sono infatti anche 3 pizzaioli che però, si richiede espressamente, non devono essere napoletani. Il post è stato rimosso poco dopo.
A cura di Chiara Ammendola
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Ha indignato non poco gli appartenenti al gruppo Facebook "Il portale degli chef e delle chef" un annuncio di lavoro pubblicato qualche giorno fa, tanto che l'autore è stato prontamente rimosso, come si dice in gergo così come lo stesso post. Sì perché il datore di lavoro o presunto tale, un cuoco romagnolo, ha condiviso un annuncio di lavoro che ha fatto inizialmente ben sperare gli iscritti al gruppo, presumibilmente tutti colleghi o persone che lavorano nel settore della ristorazione salvo poi concludersi con una richiesta anomala: "Salve amici, vi ricordiamo che sono aperte le iscrizioni alla stagione estiva 2019 nella riviera Romagnola per le nostre catene di ristorazione – si legge su Facebook – per tanto si cercano 5 figure di capo partita, 5 figure di aiuto cuoco, 5 figure chef specializzato in primi e secondi e 3 pizzaioli (no napoletani)".

Una specifica, quest'ultima che ha fatto storcere il naso a tutti gli utenti che hanno immediatamente chiesto spiegazioni. L'annuncio continua poi con gli eventuali compensi e la durata del contratto. I benpensanti potrebbero ipotizzare che si tratti in realtà di una questione di stile culinario, insomma la richiesta è quella di pizzaioli che non facciano però la pizza napoletana, dunque non napoletani. I malpensanti invece potrebbero ipotizzare che sia una richiesta dettata semplicemente da un fattore territoriale, dunque di origine, dunque un atto di discriminazione, dunque razzismo. Intanto l'autore del post è stato "buttato fuori" dal gruppo dagli stessi moderatori che forse hanno deciso voler appartenere al gruppo dei malpensanti. Un annuncio che lascia un po' l'amaro in bocca a chi è costretto quotidianamente a combattere per un lavoro e che si ritrova a fare i conti con la crisi, con le proprie competenze e ora, anche con le proprie origini.

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