Inchiesta choc a Caserta: latte scaduto e venduto come fresco. I rifiuti gettati nel Volturno
Agli arresti domiciliari per estorsione e smaltimento illecito rifiuti Giuseppe Gravante, titolare di "Foreste Molisane" ed ex proprietario del marchio "Latte Matese", ceduto nel 1984 (e non coinvolta nell'inchiesta). Gli agenti del Corpo Forestale di Caserta hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal gip di Santa Maria Capua Vetere, a carico a carico del manager. L'imprenditore è accusato di diversi reati tra cui estorsione e smaltimento illecito di rifiuti. Da quanto si apprende Gravante avrebbe costretto i propri dipendenti a sversare rifiuti zootecnici nel fiume Volturno e a sotterrare altro tipo di rifiuti nei terreni della propria azienda agricola.
Le accuse contro il capo di Foreste Molisane
"Spesso il reso delle bottiglie veniva nuovamente distribuito per la produzione in corso e mischiato al latte fresco". A raccontarlo agli inquirenti è uno dei dipendenti di Antonio Gravante, patron di Foreste Molisane. In sostanza, secondo quanto si legge nella nota dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, il testimone ha riferito che il latte scaduto veniva mischiato con quello in lavorazione e poi commercializzato. Nel corso di vent'anni, ovvero 1994 fino a qualche mese fa lo storico patron di noti marchi, secondo l'accusa, avrebbe costretto i lavoratori a sversare nel Volturno gli escrementi provenienti dal suo allevamento bovino, quasi 3.500 capi, che ogni giorno hanno prodotto un inquinamento del fiume pari a quello di una città di 24 mila persone. A dare la stura all'inchiesta, le dichiarazioni di un ex dipendente, autodenunciatosi poiché "pentito" di aver preso parte negli anni alla condotte illecite ordinate da Gravante.
Così veniva inquinato il fiume Volturno
Nel fiume Volturno, considerato uno dei più inquinati d'Europa, sarebbero finiti, attraverso un sistema di pompe idrauliche e canalizzazioni, non solo gli escrementi degli animali, ma anche i reflui delle sale di mungitura, e le acque di lavaggio delle stalle contaminate da detergenti ed acidi fortemente tossici. Gli sversamenti, hanno accertato gli investigatori, venivano effettuati soprattutto in orario serale e notturno, al fine di eludere i controlli, o quando pioveva, approfittando del fatto che le acque del fiume erano rese limacciose dalla pioggia, rendendo poco visibile quanto vi veniva introdotto.