Le mani della Camorra sui cartelloni pubblicitari: undici misure cautelari
Una vasta operazione alle prime luci dell'alba da parte della D.I.A. di Napoli ha visto coinvolte undici persone, tutte indiziate di concorrenza illecita, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento personale, con le aggravanti dell'utilizzo del metodo mafioso e per aver favorito la fazione Russo-Schiavone del clan dei Casalesi. L'ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale del Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea. Complessivamente, degli undici indiziati uno è finito in carcere, due agli arresti domiciliari, quattro all'obbligo di dimora nel proprio comune di residenza, due all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ed alla misura interdittiva del divieto di esercitare l’attività imprenditoriale, ed altre due all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il sistema era ramificato per consentire il controllo di un settore imprenditoriale importante come quello pubblicitario. Sistema che, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, era strutturalmente legata al gruppo Russo-Schiavone, la fazione del clan dei Casalesi che fa capo a Mario Iavarazzo, già condannato in via definitiva per associazione di tipo mafioso e che almeno fino al 2010 è stato l'uomo che controllava "la cassa" del clan dei Casalesi. Scarcerato nel maggio 2015, secondo gli inquirenti lo stesso Iavarazzo ha quindi ripreso ad "operare" nel settore pubblicitario, utilizzando la forza di intimidazione del clan verso i concorrenti.
Dalle indagini sono emerse intestazioni fittizie di società, allo scopo di eludere le indagini delle forze dell'ordine, ma anche la "collaborazione" di un imprenditore del settore della cartellonistica pubblicitaria, mettendo a disposizione una delle sue società con Iavarazzo. Una società dal valore stimato di circa due milioni di euro, fanno sapere gli inquirenti, e sequestrata preventivamente nel corso delle indagini. Nei guai anche tipografia, intestate anche in questo caso a prestanome, nonché alcuni dipendenti di una società che controlla un noto centro commerciale campano: avrebbero operato per prorogare contratti pubblicitari precedentemente stipulati con una delle imprese che facevano riferimento a Mario Iavarazzo.