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“Lino Apicella, uomo pieno di vita, poliziotto e papà che credeva nella giustizia”

Pasquale Apicella, il giovane poliziotto, sposato e padre di due figli, ucciso a Napoli nel tentativo di sventare una rapina è ricordato da una sua amica. Che racconta il rapporto con gli sport estremi, la scelta di indossare la divisa e tornare nella città natale. E la passione per i tatuaggi.
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"Lino era un ragazzo d'oro, aveva una forza esagerata. E ha continuato a credere nella giustizia sempre". Daniela Muscari Tomajoli era amica di Pasquale Apicella, l'agente di polizia morto cercando di sventare una rapina a Napoli. Vuole tenere viva la memoria del poliziotto con la passione per i tatuaggi, partito dalla Campania per passione e per amore della divisa e una volta tornato nella sua città finito in una bara.

Oggi è la Festa dei Lavoratori e proprio nello spirito di raccontare un "grande lavoratore, marito e padre di famiglia" che Daniela accetta di raccontare a Fanpage.it di questa giovane vita spezzata.

Il primo ricordo?
"Da quando lo conoscevo ha sempre avuto la passione per il paracadutismo, per gli sport estremi. Era pieno di vita. È stato un pugile e aveva una forza inaudita. Ricordo una volta quando si appassionò all'immersione in apnea. Fece una gara pinneggiando ad una velocità pazzesca, stupì tutti, aveva una resistenza esagerata".

E poi la divisa…

"Sì, lui è uscito dalla periferia, si è distinto da un ambiente tutto sommato non facile, grazie alle sue passioni e alla sua voglia di fare. Prima è entrato a far parte dei Paracadutisti e poi è entrato in Polizia. Milano, mi poi centro Italia, Roma".

Perché il ritorno a Napoli?

"Per aiutare la moglie col primo bambino. È tornato a Napoli per il bimbo e la moglie. Lui non avrebbe voluto perché sapeva che a Napoli era molto dura. So che in un primo momento era negli uffici, ma poi si è fatto mettere nella Mobile perché era un tipo energico che credeva nella giustizia. Troppo da perderne la vita…A questo proposito ho un ricordo personale…".

Dica.

"Quando seppe che mio nipote voleva entrare in polizia. Mi chiamò ed organizzo un incontro a casa mia per parlargli perché mio nipote è uno di quelli che è entrato nell'Esercito si è da subito reso disponibile ai compiti più gravosi e rischiosi. Lui gli ha fatto un discorso, spiegandogli che non bisogna fare gli eroi. Che molti con una divisa non sono tutelati e hanno paura. Però lui ha continuato a crederci nella giustizia".

E come nasceva la passione dei tatuaggi lei lo sa? 

"Certo. Dal liceo artistico, lui era bravissimo coi disegni.  Era disponibilissimo anche in questo. Ricordo quando morì mio padre ed io volevo subito farmi un tatuaggio che lo ricordasse, lui corse a farmelo. E quando  mia figlia non stette bene…perse tutti i capelli ed ovviamente non si accettava. Lino quando in licenza torno da Milano corse a farle dietro al collo il tatuaggio con le ali che lei desiderava regalandole tanti sorrisi. Guardi era un uomo… io che le devo dire, ricordo che  portato per tutta Firenze mia figlia sulle spalle che faceva i capricci…".

L'ultima volta che l'ha sentito?

"Eh.  Mi ha raccontato poche settimane fa della sua piccola nata da poco. Lui e la moglie erano una cosa …. fidanzati da una vita hanno affrontato le distanze con grande rassegnazione per costruire un futuro sereno. E invece ora.."

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