Madre e figlia nella casa discarica, la rabbia nel quartiere di Rossellina
All'indomani del provvedimento di sgombero che ha svelato la realtà drammatica di orrore e degrado in cui madre e figlia vivevano da anni a Napoli, i vicini della palazzina di Miano, lo raccontano come un atto di violenza su due donne educate, oneste, che avevano scelto di vivere come vivevano perché "ognuno a casa propria fa quello che vuole". Eppure Geppina e Rossellina vivevano in una casa occupata abusivamente senza impianto idrico, senza bagno, con un sistema elettrico sgangherato, senza porte e con un urna enorme per gli escrementi, con una morosità pendente d'affitto di 60mila euro. Nove anni di solitudine e degrado per le due donne. Ma i residenti della palazzina Iacp non la vedono così. Per loro non è stata una liberazione quella che ha visto separate le due donne che hanno lottato per non lasciarsi, ma un crudele sopruso che le ha viste divise: la madre ospedalizzata forzosamente, la figlia 31enne affidata ad alcuni parenti. "Quando andavo al cimitero – dove la 59enne Geppina faceva la fioraia, racconta una vicina – mi diceva sempre ‘pigliati i fiori, poi me li paghi', ha fatto molti sacrifici per crescere la figlia". Quella figlia brillante che con l'aiuto delle borse di studio è riuscita a laurearsi giovanissima in ingegneria aerospaziale, per poi appendere la laurea al chiodo e vivere segregata con la madre, tra giocattoli e peluche, in una condizione di regressione emotiva e mentale, dovuta, suggeriscono i vicini a "un momento di depressione, a causa di qualche delusione amorosa o dell'assenza del papà". Quel padre assente che non si è mai fatto vedere e che aveva chiesto, per riconoscere la figlia, la prova del Dna. Probabilmente, si mormora nel palazzo, quello che aveva spinto la madre a tenere separata dal mondo quella figlia era un senso di morbosa protezione.
I vicini: "È stata una bastardata"
C'è tensione nell'isolato 4 lotto A, il quel palazzone quasi interamente occupato dai senzatetto dopo il sisma del 1980. "Hanno fatto una bastardata" commentano riferendosi alla segnalazione di un inquilino circa un solaio pericolante, che mercoledì ha portato sul posto gli uomini dell'Unità Operativa Tutela del patrimonio dei vigili urbani, guidati dal capitano Gaetano Vassallo. "Siamo intervenuti per la morosità – spiega Vassallo – ma principalmente perché c' era un rischio crollo del solaio, specificato dai tecnici dell'Istituto autonomo case popolari. Entrati nell' appartamento, ci siamo resi conto delle precarie condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza in cui mamma e figlia vivevano. Un unico grande ambiente senza mura e porte, senza impianto idrico e con quello elettrico a vista, dove era negata la dignità umana". Allora è scattata la richiesta di intervento dei servizi sociali: "Abbiamo impiegato dodici ore per condurre a termine l' operazione. È un caso umano che ci ha coinvolto tutti: le donne non volevano separarsi e lasciare casa, per loro vivere così era normale".