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Mamma incinta salvata insieme alla bimba, a Napoli intervento per la prima volta in Italia

Una donna incinta è stata salvata insieme alla bimba che porta in grembo con un intervento eseguito al Policlinico Federico II di Napoli, mai effettuato prima in Italia e con pochissimi uguali nel mondo. Le normali terapie avrebbero ucciso la piccola, ora stanno bene entrambe: la bambina si chiamerà Vittoria.
A cura di Nico Falco
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immagine di repertorio
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Una mamma e la bimba che porta ancora in grembo sono state salvate al Policlinico Federico II di Napoli, con un intervento eseguito pochissime volte nel mondo e mai prima in Italia. La piccola nascerà in primavera, e il suo nome arriva proprio dalla grande disavventura che ha dovuto affrontare e che ha superato con la mamma: si chiamerà Vittoria. La donna, 37 anni, tre figlie e due aborti alle spalle, si era rivolta al Centro per le gravidanze a rischio del Policlinico Federico II tramite l’Unità Operativa Complessa di Cardiologia, Emodinamica, UTIC diretta da Giovanni Esposito. Le era stata diagnosticata una "possibile infezione virale al quarto mese di gravidanza". Le analisi avevano rivelato un quadro clinico preoccupante. L'esame ecografico, effettuato da Maria Angela Losi, ha poi rivelato che c'era una massa intracardiaca che minacciava la vita della donna e della bambina ancora in grembo. Con la risonanza magnetica il campo era stato ulteriormente ridotto: poteva trattarsi di un tumore cardiaco o di un grande trombo intraventricolare, con il grave rischio di infarto e di embolia.

Dopo un primo approccio non chirurgico, la mamma è stata presa in cura dall'equipe di Maurizio Galderisi, responsabile del programma interdipartimentale di emergenze cardiovascolari e complicanze oncoematologiche, ma i risultati sperati non sono arrivati. L'unica speranza era quindi la chirurgia. Con dei rischi enormi: per salvare la mamma, la piccola sarebbe morta. La donna aveva deciso di mettere a rischio la propria vita pur di provare a salvare la figlia. L'unico sistema era operare la 37enne con un intervento mai realizzato prima in Italia, durante il quale sarebbe stata necessaria la circolazione extracorporea. "Dovevamo operare la madre – spiegano i medici – facendo sopravvivere la bimba nonostante la privazione della normale circolazione sanguigna fornita dal battito cardiaco della mamma. Una procedura chirurgica da pianificare partendo da zero".

Nei primi giorni di gennaio la donna è stata sottoposta all'intervento, organizzato con precisione estrema per non creare danni al feto.  Per lei ben tre le diverse equipe che sono state impegnate in contemporanea: i cardiochirurghi e gli anestesisti-rianimatori per la materiale esecuzione dell’intervento, e gli ostetrici (con infermieri specializzati e una strumentazione chirurgica ad hoc) pronti ad intervenire in caso di un’aborto o di un’emorragia uterina. L'operazione è stata eseguita grazie all'equipe di cardiochirurghi, guidata dal professor Emanuele Pilato e composta da Giovanni Battista Pinna e Giuseppe Comentale; di ginecologi, coordinata da Maurizio Guida con Laura Sarno; e dell’equipe di anestesisti rianimatori, guidata da Giuseppe Servillo e composta da Loredana Grande e Vera Cirillo, col supporto dei perfusionisti, coordinati da Alessandra Notarnicola.

Alla fine tutto è andato per il meglio, la massa (una formazione trombocita) è stata rimossa e il cuore di Francesca rimesso nelle condizioni di funzionare regolarmente. "Ancora una volta il nostro Policlinico ha dimostrato di essere un perno essenziale della rete assistenziale Campana – commenta il direttore generale Anna Iervolino – dalla prima visita ad un intervento straordinario, questa mamma ha visto rinascere le sue speranze di vita e quelle della bimba che aveva in grembo. Risultati come questo non si possono ottenere senza grandi professionalità, né senza una straordinaria capacità di coordinamento tra le diverse unità operative. Un lavoro di squadra che consente a questo policlinico di offrire a pazienti campani e non moltissime prestazioni di eccellenza, cancellando i viaggi della speranza e anzi diventando motivo di migrazione sanitaria attiva".

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