Le mascherine anti Covid? Cucite sfruttando lavoratori italiani e immigrati
Come la falsa pelletteria griffata, come i vestiti taroccati, anche le famose mascherine anti-Covid sono in alcuni casi prodotte sfruttando manodopera immigrata o italiana, gente pagata pochi spiccioli all'ora per produrre drappi che di antibatterico e sterile, viste le condizioni in cui sono messi gli opifici, non ha nulla. I carabinieri del Comando provinciale di Napoli, insieme ai reparti specializzati dell’Arma, ovvero Nas e Forestali, hanno controllato 50 aziende produttive – inserite nell’elenco trasmesso dalla prefettura perché attive durante il periodo di lockdown o in possesso del codice Ateco – sul territorio di Napoli e in provincia. L’obiettivo dei militari? Verificare che le aziende avessero ottemperato alle misure precauzionali imposte dal governo per il contenimento del contagio da Covid-19. Risultato sconfortante: 17 le imprese contravvenzionate.
Durante le giornate di controlli i carabinieri si sono imbattuti in vari e episodi al limite. A Gragnano denunciato per inosservanza delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro un 41enne amministratore unico di un’azienda sartoriale riconvertita – per le esigenze del Coronavirus – nella produzione di abiti da lavoro e mascherine. I militari, che hanno trovato anche 2 lavoratori in nero', hanno constatato gravi carenze in materia di sicurezza e igiene: non era stato rispettato il protocollo governativo per il contrasto alla diffusione pandemica. L’attività è stata sospesa e l’intero opificio sequestrato. Per l’uomo – oltre alla denuncia – varie sanzioni per un importo complessivo di 76mila euro.
A Piano di Sorrento, poco distante, un 62enne è stato denunciato dai carabinieri. L’uomo, socio accomandatario di una ditta in Sant’Agnello, non ha rispettato le norme in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Stessa sorte per un imprenditore edile legale rappresentante di una ditta con sede nella città di Napoli. i militari hanno constato l’inosservanza delle norme in un cantiere.
A Grumo Nevano i carabinieri hanno denunciato per inosservanza delle norme in materia di impiego di manodopera extracomunitaria sprovvista di permesso di soggiorno una 42enne del posto titolare di una ditta che produce capi di abbigliamento. i militari hanno trovato anche due lavoratori che non erano in regola e quindi l’attività è stata sospesa. Denunciato per non aver rispettato il protocollo anti contagio un imprenditore agricolo 31enne di Poggiomarino. Nella sua azienda i carabinieri hanno sequestrato anche 39 quintali di ortaggi privi della garanzia di tracciabilità.
Altri due imprenditore agricoli controllati. il primo è stato denunciato a Poggiomarino: i militari hanno constatato l’inosservanza delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro. L’attività è stata sospesa perché son stati trovati due lavoratori in “nero”. il secondo – a Napoli – è stato sanzionato perché trovato in possesso di 25 chili di insaccati privi della garanzia di tracciabilità. A Giugliano, popoloso centro dell'hinterland Nord, denuncia per un 66enne. L’uomo, rappresentante legale di una ditta boschiva, è stato sanzionato per aver bruciato i residui di lavorazione.
I carabinieri della stazione di Roccarainola hanno denunciato per inquinamento ambientale il titolare di una società di estrazione e vendita all’ingrosso di materiali ferrosi. Il 74enne smaltiva illecitamente dei rifiuti speciali. Sanzionato infine il titolare di una ditta di ingrosso di alimenti in Arzano. I carabinieri hanno constatato carenze strutturali e documentali di un deposito che è stato poi chiuso. I controlli della task force del comando provinciale carabinieri di Napoli continueranno nei prossimi giorni.