“Mio padre legato al letto all’ospedale Cto di Napoli”: la foto fa il giro del web
Un posto, condiviso su Facebook lo scorso 18 luglio, che in due giorni ha fatto il pieno di like e condivisioni, diventando virale. È la denuncia di Pasquale, che ha affidato al social network la sua rabbia per le condizioni in cui versa il padre, ricoverato nel Reparto di Terapia Intensiva dell'ospedale Cto di Napoli, legato al letto, allegando anche la foto. "Andiamo un giorno e lo troviamo legato al letto appena chiedevamo il perché un giorno ci dicevano ‘si sporca le mani', un altro giorno ‘si tira il sondino' che tra l altro era sedato e non capivo come facesse… Gli infermieri stanno un continuo col telefonino in mano senza pensare a nessuno e se li chiami gli dai fastidio. Tutte queste cose che ho scritto posso provarle, ho foto e video… Ora vi chiedo un aiuto a far girare questo schifo e per questo ho deciso di postare la foto di quando mio padre era legato l'ultima volta a letto perché non ho voluto più che lo legassero… E da allora viene ignorato, sta pagando lui per le nostre dovute proteste" è solo parte del post in cui Pasquale denuncia le condizioni dell'anziano padre, ricoverato da circa due mesi nel nosocomio napoletano in attesa di essere trasferito al Monaldi per sostenere terapie di riabilitazione respiratoria.
L'uomo, però, ha poi aggiunto un post scriptum al post nel quale spiega: "Ringrazio tutti per la grande solidarietà che mi avete dimostrato. Tengo a comunicarvi che questa sera ho avuto un colloquio con il primario della Rianimazione, il dottor Salvatore Buono, dicendomi che non era a conoscenza su alcune cose accadute, rassicurandomi che con la sua professionalità avrebbe preso in carico la situazione, sia per quanto riguarda mio padre e sia per tutti gli altri pazienti".
La risposta dell'ospedale Cto
La direzione generale dell'ospedale Cto ha affidato la sua risposta a una nota ufficiale della direzione strategica del nosocomio: "Le misure di contenimento, assunte informando i familiari, erano necessarie, urgenti e indifferibili, dal momento che il paziente in questione, le cui condizioni non consentono una sedazione, più volte aveva tentato di liberarsi dai dispositivi respiratori che lo mantenevano e, attualmente, lo mantengono in vita. I familiari del paziente durante tutto il periodo di degenza sono stati costantemente informati e aggiornati sulle condizioni del loro congiunto e sulla necessità dell'applicazione delle misure contenitive, rispetto alle quali i familiari informati non manifestavano disappunto, avendone compreso la necessità".