Napoletani scomparsi in Messico, ecco i buchi nelle indagini: “Intervenga la polizia italiana”
Dove sono Raffaele Russo, il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino, i tre napoletani scomparsi in Messico ormai oltre un mese fa? Nessuno lo sa. Eppure quattro agenti della polizia locale di Tecalitlàn (nel sud dello stato di Jalisco), tra cui una donna, considerati al soldo della criminalità organizzata locale, sono stati arrestati con l’accusa di sparizione forzata e hanno confessato di aver venduto per una manciata di euro, mille pesos, i tre a una gang locale. I poliziotti sono stati rinviati a giudizio. Dopo questo, però, nulla si è mosso e nulla si sa su dove siano i tre italiani. Eppure, si conoscono diversi elementi: il punto esatto nel quale si perde il segnale Gps degli scomparsi, il sospetto che sia coinvolto il cartello criminale "Jalisco Nueva Generacion" che gestisce il traffico di droga nella zona, addirittura è stato stato nominato un boss, che si farebbe chiamare Don Angel.
Le autorità messicane assicurano che la ricerca è serrata, ma i punti oscuri sono sempre di più in questa vicenda che ormai ha assunto i contorni di un vero e proprio giallo. E' passato oltre un mese dal 31 Gennaio scorso, data della scomparsa dei tre, e solo dopo 20 giorni dalla denuncia dei familiari la Fiscalia di Jalisco specializzata in persone scomparse ha iniziato le ricerche. Dopo la confessione dei quattro poliziotti, il loro avvocato avrebbe affermato – come riportano i media messicani – che questa sarebbe avvenuta sotto tortura. Anche su questo sarà aperta un'indagine. I quattro agenti rischiano tra i 40 e i 60 anni di carcere. Ma si tratterebbe, in ogni caso, di meri esecutori: non sarebbero loro i mandanti. Non si ha traccia, intanto, dei tre dirigenti di polizia coinvolti nel caso: il capo della polizia municipale che avrebbe dato l’ordine di agire ai quattro agenti, Hugo Enrique Martinez Muniz, è latitante insieme al suo vice Hilario Farias Mejia e un altro dirigente.
Inoltre, misteriosamente le telecamere di sorveglianza poste intorno all'area dalla quale sono scomparsi i tre napoletani risultano, quel giorno, tutte in riparazione. L'unica traccia, che ha permesso di iniziare le ricerche e soprattutto sollevare il caso, è una nota vocale whatsapp inviata da Antonio Russo al fratello, in Italia, poco prima del fermo di polizia avvenuto presso la pompa di benzina di Tecalitlàn. Un fermo che è diventato un buco nero come per migliaia di cittadini che ogni anno scompaiono nel nulla: nel pomeriggio del 31 Gennaio scompare Raffaele, nella notte scompaiono Vincenzo e Antonio. Non solo questo: quando il caso è stato sollevato a livello internazionale, la Fiscalia ha diffuso foto di alcuni membri della famiglia Russo insieme a persone armate, affermando che potessero essere collegate alla criminalità. Gli uomini, vestiti con abiti da lavoro, in quegli scatti imbracciano delle armi in una zona di campagna e si mostrano sorridenti insieme ad alcuni dei Russo. Ma non c'è alcun riscontro che siano persone collegate alla criminalità, dunque la Fiscalia ha diffuso foto senza verificare l'identità: da indagini difensive condotte dall'avvocato Luigi Ferrandino, che assiste la famiglia Russo, emerge al contrario che "sono semplici contadini – spiega il legale- Come spesso accade in Messico, si armano per difendersi dalle continue rapine che subiscono".
Ma quale sarebbe il motivo della scomparsa? Anche qui, il mistero è fitto. E' trapelato, a un certo punto, un presunto collegamento con la criminalità di Antonio, Vincenzo e Raffaele, circostanza ad oggi mai emersa dalle indagini; poi si è detto che, forse, avrebbero venduto generatori di corrente contraffatti o di cattiva qualità e sarebbero incappati in cattivi incontri, o ancora un'estorsione alla quale potrebbero essersi opposti. Alle circostanze oscure si aggiunge la scoperta di uno dei narcolaboratori più grandi del Messico, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa dei tre, proprio in una zona attigua. E spesso questi laboratori clandestini si avvalgono di generatori di corrente: potrebbe trattarsi di una vendetta in caso di malfunzionamento? Se tutte queste circostanze siano o meno collegate alla sparizione di Raffaele, Antonio e Vincenzo e al coinvolgimento nel rapimento da parte della polizia, è ancora da verificare. Di certo si sa che in Messico scompaiono migliaia di persone ogni anno e che gli episodi di corruzione e collusione delle istituzioni con la criminalità organizzata sono tutt'altro che rari. Uno dei più eclatanti e inquietanti casi degli ultimi anni è la scomparsa di 43 studenti di Ayotzinapa, svaniti nel nulla nel 2014 perché stavano andando in bus nella vicina città di Iguala per contestare un comizio della moglie del sindaco, candidata a succedergli e collusa con il cartello Guerreros Unidos.
Troppe domande intorno al caso dei tre napoletani: perché intervenire dopo 20 giorni da una denuncia di scomparsa? Perché, nonostante vi siano elementi, non si è intervenuti prima? Perché ancora non si sa nulla, dopo la confessione, su dove siano stati portati i tre napoletani sequestrati né se siano ancora vivi? Il dirigente della polizia latitante, inoltre, è ritratto in molte foto insieme al sindaco di Jalisco. Intanto, tra ritardi e buchi, le indagini sono state spostate dalla Fiscalia di Jalisco e affidate alla Pgr, la Procura generale della Repubblica che si occupa di casi rilevanti e di grande importanza mediatica. Questo, però, mentre la famiglia – attraverso l'avvocato Ferrandino – ha inoltrato alla Fiscalia richiesta di documentazione importante ai fini delle indagini difensive, senza ancora ottenere risposta. Dopo aver ottenuto questi documenti, "vogliamo chiedere alle autorità italiane la sorveglianza da parte delle nostre forze di polizia, inviandole in Messico per collaborare con le autorità locali", annuncia Ferrandino. Tra le possibilità che le autorità italiane potrebbero vagliare, ci sarebbe quella di inviare uomini dell'Interpol per contribuire a fare luce su questa inquietante e gravissima vicenda. Il ministro uscente Angelino Alfano, su proposta del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, si è detto disponibile a incontrare la famiglia nei prossimi giorni. L'atmosfera, intanto, è sempre più tesa, la famiglia Russo è stremata da una attesa snervante: "Siamo disperati – dice Francesco Russo – Io ho sempre di più l'impressione che vogliano far dimenticare questa assurda vicenda, ma non ci fermeremo di certo: vogliamo ritrovare i nostri familiari".