Napoletani scomparsi in Messico, forse c’è la svolta: indagati 33 poliziotti
Potrebbe esserci una svolta nell'indagine sulla scomparsa di Raffaele e Antonio Russo, padre e figlio di 60 e 25 anni e di Vincenzo Cimmino, nipote del primo, i tre napoletani scomparsi nel nulla il 31 gennaio a Tecalitlan, nello stato di Jalisco, in Messico. Lo scorso martedì, le autorità italiane – tra cui un rappresentate della polizia e uno dell'ambasciata – e l'Interpol hanno incontrato il segretario generale di Jalisco, Roberto Lopez Lara, il procuratore generale Raul Sanchez Jimenez e il procuratore regionale Fausto Mancilla Martinez per fare il punto della situazione. Secondo quanto riporta "Milenio.com", sito locale che sarebbe ben informato, i trentatré agenti della polizia di Tecalitlan in servizio il giorno della scomparsa dei tre napoletani: i poliziotti sarebbero stati interrogati e gli sarebbero state sequestrate anche le armi di ordinanza. Verifiche sarebbero in corso anche sul sindaco di Tecalitlan, anche se lui smentisce qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.
La pista della truffa alla malavita locale
Dal vertice tra le autorità dei due Paesi sarebbe emerso anche un'altra pista, che legherebbe la scomparsa dei tre parenti napoletani a una truffa operata da uno di loro ai danni della malavita locale, venendo generatori elettrici contraffatti ad esponenti della mafia locale, circostanza che, secondo gli inquirenti, gli sarebbe risultata fatale. Le autorità messicane hanno informato quelle italiane che Raffaele Russo, padre di Antonio e zio di Vincenzo, era già stato arrestato per frode, in Messico, nel 2014.