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Napoletani scomparsi in Messico

Napoletani scomparsi in Messico, la famiglia denuncia: “Abbandonati dalle autorità”

I familiari dei tre napoletani scomparsi in Messico da quasi un mese denunciano: nessuna comunicazione da parte delle autorità messicane né dall’ambasciata italiana. L’ultimo messaggio WhatsApp il 31 gennaio alle 14.30: poi il silenzio. L’ipotesi carcere resta in piedi, ma le autorità messicane, dopo una prima ammissione, negano tutto.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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I familiari dei tre italiani scomparsi da ormai quasi un mese in Messico si sentono "abbandonati dalle autorità". La vicenda tiene col fiato sospeso anche Napoli, la città d'origine dei tre: domenica scorsa, in occasione di Napoli-SPAL, era stato anche esposto uno striscione in curva, chiedendo la "liberazione" dei tre italiani, di cui però, a conti fatti, non si sa praticamente più nulla da settimane.

Dei tre si sono perse le tracce il 31 gennaio scorso, quando sono stati visti a Tecalitlán, città famosa per essere la "culla" della musica dei mariachi, nel cuore dello stato di Jalisco, nella parte sud-occidentale del Messico. Il giorno dopo, i familiari ne denunciarono la scomparsa in procura, ma da allora tutto tace: né la procura di Jalisco, né l'ambasciata italiana si sono fatti vivi con loro. Ed ora, sono i familiari stessi a temere sia per l'incolumità dei propri cari sia per la loro.

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A raccontare queste difficili giornate è Francesco Russo: suo padre Raffaele, 60 anni, suo fratello Antonio di 25 ed il cugino Vincenzo Cimmino di 29, sono i tre scomparsi dal 31 gennaio scorso. Lui, Francesco, si trova ora in una località imprecisata, e racconta di aver paura a sporgere denuncia. Il padre vende giacche e profumi in strada da quando, lo scorso settembre, si era trasferito, da pensionato, in Messico. Prima di arrivare a Tecalitlán (nome nahuatl, come quasi tutti quelli della regione), era stato in altre città: tra queste, Cancún (sulla costa orientale, nello stato Quintana Roo), quindi a Ciudad Guzmán, municipio di Zapotlán el Grande, nello stato di Jalisco.

Quindi, il trasferimento a Tecalitlán, nel medesimo stato, alla ricerca di fortuna e dove, assicura il figlio, non conosceva nessuno. Il 31 gennaio alle 14.30 l'ultima telefonata tra Raffaele e gli altri due scomparsi: mezz'ora più tardi, l'uomo non rispondeva più al cellulare. Temendo un malore, soffrendo l'uomo di ipertensione, i due lo hanno raggiunto, localizzandolo tramite il gps della sua automobile. Sul posto, però, ci sarebbero stati "diversi poliziotti a bordo di un'auto e due moto, che gli hanno intimato di seguirli".

I due avrebbero inviato un messaggio via WhatsApp all'altro fratello, Daniele, anch'egli in Messico con Francesco, spiegando di essere stati fermati dai poliziotti che gli avrebbero poi detto di seguirli. Poco dopo, anche il loro cellulare si spegne, ed inizia così il buio. Le autorità messicane, in un primo momento, avevano confermato il fermo dei tre, poi però hanno negato il tutto, tanto che i familiari hanno temuto ad un possibile sequestro: ma finora non è giunta alcuna richiesta di riscatto. E intanto, cresce l'ansia e la paura. Dalle autorità c'è solo silenzio. Una circostanza che lascia temere anche i familiari stessi per la sorte dei loro cari.

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