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I figli di camorra che ad ogni faida spariscono nel nulla

Quando i clan entrano in guerra i figli diventano obiettivi e vittime al tempo stesso. Devono sparire insieme ai genitori per evitare i feroci assalti della malavita avversaria. Ecco le storie di alcuni bambini diventati invisibili alla scuola e alle forze dell’ordine.
A cura di Simone Di Meo
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Certe volte capita che una sola storia contenga un universo. E' questo il caso. Il protagonista del nostro racconto è un bambino di poco meno di sette anni. E' figlio di un camorrista che si è dato alla latitanza pur non essendo ricercato. Che personaggio, direte voi. E in effetti è così: certi criminali sono come i bufali nella savana, sentono quelli che gli danno la caccia sottovento. E, a stargli addosso, sono alcuni poliziotti della Squadra mobile di Napoli. Vogliono capire dove si nasconda perché, presto o tardi, dovranno arrestarlo, e allora tanto vale anticiparsi col lavoro. Usano un trucchetto "sbirresco" da manuale: pedinare la moglie e arrivare al marito. Già, ma come si fa ad agganciare la donna? Facile: bisogna identificare la scuola che il bambino frequenta. Lei lo accompagna, lei lo andrà a prendere. Solo che nessuno sa dove questo ragazzino sia stato iscritto. Negli istituti del quartiere di residenza non c'è. I poliziotti parlano coi presidi, ma non si trova. Nemmeno nei rioni confinanti viene fuori. Eppure, le intercettazioni e i confidenti confermano che il piccolo frequenta la prima elementare. Da qualche parte dovrà pur stare. Vanno, allora, i poliziotti, a trovare i funzionari dell'Ufficio scolastico regionale perché sanno che qualche anno fa è stato firmato un protocollo d'intesa in Provincia per la creazione di un "cervellone" centralizzato per il monitoraggio della popolazione scolastica nel capoluogo con tanto di finanziamenti europei. Al posto del "database" trovano però una pila di "pagine gialle" che i volenterosi addetti del ministero dell'Istruzione sfogliano per chiamare, a tappeto, tutte le scuole nel raggio di una decina di chilometri dall'ultimo domicilio conosciuto del fuggiasco. Non riusciranno a scoprire granché, ma non è questo il punto o forse non è solo questo.

Nessuna istituzione era al corrente del destino scolastico di quel bambino, e non c'erano strumenti per venirne a capo. Poteva essere morto (e non lo era) o poteva essere entrato in clandestinità insieme al padre (e non lo aveva fatto) o poteva essere emigrato (e forse è così), per tutti sarebbe stata semplicemente un'ombra che sfuggiva alle statistiche ufficiali sulla dispersione scolastica. Qualche tempo prima, quegli stessi agenti si erano imbattuti in una vicenda simile: le tre figlie dei grandi capi della camorra di Scampia e Secondigliano, all'epoca braccati da killer e forze dell'ordine, si erano trasferite in un istituto privato, lontano da occhi e dicerie indiscreti. Ma per il Provveditorato agli studi erano rimaste al loro posto, non si erano mai mosse. Né la vecchia né la nuova scuola lo avevano informato. Sono bimbi sperduti, come i piccoli protagonisti della fiaba di Peter Pan. Invisibili. Non c'è chi si curi di loro, e se tutto va bene, tra dieci anni, li troveremo al posto dei papà. E allora hai voglia di dire che Napoli si salverà solo con le nuove generazioni se le nuove generazioni – puff – scompaiono dai banchi, e la gente nemmeno se ne accorge. Quanti ne sono: dieci, cento, mille? Impossibile dirlo. Il figlio del latitante non lo hanno trovato, e forse c'hanno pure rinunciato, i poliziotti. Sono bimbi sperduti e tra non molto perduti.

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