Nel cimitero di Agropoli rubata la salma di un giovane morto in un incidente stradale
Furto di una salma all'interno del cimitero di Agropoli. Ignoti, nelle scorse ore, hanno fatto irruzione all'interno del cimitero di via Moio, nel cuore del paese Salernitano, asportando una salma e scomparendo poi a bordo di una vettura. Un furto inspiegabile e al momento compiuto da ignoti. I carabinieri di Agropoli, guidati dal capitano Fabiola Garello, non escludono al momento alcuna pista. Chi ha rubato la salma è andato, per così dire, a colpo sicuro: prima hanno spezzato la catena del cimitero, poi sono andati direttamente verso i loculi a parete, rompendo la lapide dove riposava la salma del giovane e l'hanno portata via, caricandola in auto e dandosi alla fuga. Sono stati i custodi che, al mattino, trovando i cancelli forzati e scoprendo la bara violata, hanno chiamato i carabinieri.
Il giovane corpo trafugato era quello di Pasquale Picariello, morto nella notte tra il 5 ed il 6 maggio 2006 dopo un incidente stradale. All'epoca, il giovane aveva 19 anni e la sua morte sconvolse l'intera comunità di Agropoli. Anche perché il suo decesso divenne anche un caso giudiziario: per la sua morte, infatti, venne condannata sette anni dopo la donna medico di turno al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Agropoli. La donna, infatti, fu riconosciuta dal Tribunale di Vallo della Lucania come colpevole di omicidio colposo e condannata ad un anno e sei mesi di reclusione con sospensione della pena. La condanna, emessa dal giudice Donatella Bove nel 2013, fece subito notizia. Secondo quanto venne ricostruito, l'auto su cui viaggiava il giovane era uscita fuori strada tra Agropoli e Capaccio, in località Linora. Portato al Pronto Soccorso di Agropoli, il giovane non avrebbe però ricevuto alcun soccorso, in quanto il codice rosso scattò solo tre ore dopo il ricovero. Alle 7.50 del mattino, il suo corpo smise di battere: la Procura di Vallo della Lucania sequestrò la salma del giovane, oltre alla cartella medica, e fece eseguire l'autopsia, che dimostrò come le gravi lesioni interne subite, in particolare a costole, polmoni, reni e milza, ne avessero portato al decesso. Il processo si concluse poi, come detto, nel 2013 con la condanna della dottoressa di turno quella sera al Pronto Soccorso di Agropoli.