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Non c’è pace per la Cleprin, azienda incendiata dalla camorra: rischia di essere chiusa

Il sindaco di Carinola, nella provincia di Caserta, ha emanato una ordinanza di demolizione e chiusura attività nei confronti della Cleprin, azienda che nel 2015 fu data alle fiamme dalla camorra: secondo l’amministrazione comunale ci sarebbero degli abusi urbanistici che non consentono il proseguimento delle attività dell’azienda.
A cura di Valerio Papadia
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Non sembra trovare pace la Cleprin, l'azienda chimica di Carinola, nella provincia di Caserta, che nel 2015 fu data alle fiamme dalla camorra e che, pian piano, in questi anni, a fatica è riuscita a riprendere la sua attività: un nuovo ostacolo, questa volta di natura burocratico e amministrativo, rischia di interrompere la rinascita dell'azienda, e questa volta potrebbe essere per sempre. Il sindaco di Carinola, Antonio Russo, ha infatti emanato una ordinanza di demolizione e chiusura attività: secondo l'amministrazione comunale, ci sarebbero delle violazioni urbanistiche.

Una decisione che ha dell'incredibile, dal momento che i titolari – da sempre impegnati a denunciare i soprusi della camorra contro gli imprenditori – hanno acquistato, nel 2016, il terreno dove sorge attualmente la Cleprin dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. All'atto dell'acquisto, un anno dopo l'incendio, i titolari, già consapevoli delle irregolarità, presentarono regolare domanda di condono al Comune di Carinola, ritrovandosi meno di due anni dopo con una ordinanza di demolizione. I proprietari, tra le altre cose, acquistarono il terreno senza aiuti da parte dello Stato nonostante fossero vittime della camorra.

Cleprin, data alle fiamme dalla camorra

È la notte tra il 23 e il 24 luglio del 2015 quando i capannoni della Cleprin, allora ubicata a Sessa Aurunca, sempre nella provincia di Caserta, vengono dati alle fiamme. I proprietari dell'azienda chimica, Antonio Picascia e Franco Beneduce, da tempo denunciano le attività estorsive dei clan della zona, facendone arrestare anche alcuni membri: quegli stessi clan camorristici che, mentre Piscascia partecipa ad un convegno proprio sulla lotta al racket con Raffaele Cantone, capo dell'Anticorruzione, danno alle fiamme l'azienda.

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