Oggi, 19 febbraio, Annalisa Durante avrebbe compiuto gli anni, se la sua vita non fosse stata spezzata, appena 14enne, quel 27 marzo del 2004 da un proiettile vagante, sparato a Forcella, nel cuore di Napoli, da Salvatore Giuliano, appena 20enne, appartenente al clan camorristico che da anni controlla il quartiere nel cuore antico di Napoli. A distanza di tutti questi anni, sarebbe facile parlare di quanto nulla sia cambiato, rivolgersi a coloro che da anni sono testimoni dei fatti di sangue, dei soprusi e delle angherie della criminalità organizzata nel quartiere. Voglio rivolgermi invece a chi, come me, quel 27 marzo del 2004 aveva la stessa età di Annalisa, a chi per la prima volta sentiva di un coetaneo morto ammazzato per strada, a chi è stato derubato di un pezzo della propria infanzia, e della propria innocenza, senza che se ne rendesse conto, a chi ha visto un posto a cui era legato trasformarsi in un luogo dal quale tenersi lontano, perché quel posto, all'improvviso, diventa sinonimo di morte.
La Vicaria, Pendino e San Lorenzo custodiscono un pezzo della mia vita: sono nato all'Annunziata, mia madre invece nel cuore del Vasto. Fino a quel giorno, per me Forcella era sinonimo di passeggiate spensierate e pizze fritte. Quel 27 marzo era un sabato, e come ogni fine settimana ero a pranzo dai parenti a piazza Nazionale, qualche centinaio di metri in linea d'aria dal luogo dell'agguato. Avevo anche io 14 anni quel sabato di marzo, la stessa età di Annalisa. La notizia si sparse veloce nel palazzo, del tipo: "Stasera guardate il Tg regionale, è morta una bambina a Forcella". Oggi, Annalisa avrebbe compiuto gli anni, e l'unico regalo che siamo capace di farle è la nostra memoria fallace, i nostri volti girati dall'altra parte. Adesso, più che mai, bisogna ricordare il suo sacrifico e sperare, pregare, ma soprattutto fare in modo, anno dopo anno, che non sia stato vano.