Omicidio Bifolco, parla lo zio di Davide: “Il colpo del carabiniere non partì per sbaglio”
Oggi ha chiesto il giudizio abbreviato Giovanni Macchiarolo, il carabiniere che la notte fra il 4 e il 5 settembre 2014 sparò uccidendo il 17enne Davide Bifolco al Rione Traiano ad un posto di blocco, in sella ad uno scooter. La richiesta è stata formulata oggi nel corso dell'udienza preliminare dal legale del militare, l'avvocato Salvatore Pane. Il processo con rito abbreviato, davanti al gup Ludovica Mancini, si svolgerà il 23 luglio prossimo, il giorno in cui è prevista anche la sentenza. Gianluca Muro, è lo zio di Davide e portavoce della famiglia Bifolco.
Tra poco più di un mese il carabiniere Giovanni Macchiarolo sarà giudicato per omicidio colposo, che sentenza vi aspettate?
Siamo consapevoli che per la morte di Davide non verrà riconosciuto il dolo, anche se sappiamo bene – come ha rivelato l'autopsia, che dimostra che il colpo è stato sparato dalla distanza di un metro e mezzo di distanza, in pieno petto – che non fu un incidente, il colpo non partì per sbaglio. Ciononostante siamo sereni e fiduciosi nel pm Mancini, e accetteremo la sentenza.
Giovanni Macchiarolo è un esponente delle forze dell'ordine. Avete timori che possa influire sul giudizio?
Siamo sicuri che influirà, è stato così finora. Qualunque altro cittadino sarebbe stato trattato diversamente se avesse sparato a un ragazzino innocente come ha fatto lui. Nessuno avrebbe creduto alla versione dell'incidente e sarebbe stato anche peggio se fosse stato un criminale abituale. Macchiarolo fu reticente da subito. Nelle registrazioni delle comunicazioni radio con la centrale di quella notte chiede rinforzi e un'ambulanza sul posto ma omette di dire cosa sia successo, parla solo di un ragazzo morto. Ad un certo punto, devo dire, la situazione si è ribaltata: siamo stati quasi criminalizzati, Davide è stato criminalizzato.
Una delle prime ipotesi era che Davide potesse avere avuto contatti quella sera con Arturo Equabile, il latitante che quella sera aveva fatto scattare l'allerta
È stato dimostrato che non era così. Ma la stampa, nazionale ma anche e soprattutto, locale ci attaccato lo stesso parlando di legami con la criminalità e con lo stesso Equabile. Davide era incensurato era un ragazzino e soprattuto quella notte non si trovava con Arturo Equabile. Siamo stati vittime di attacchi che non fanno bene a nessuno e la famiglia e la madre di Davide, ne hanno molto sofferto. Sembrava quasi che ci considerassero banditi perché siamo napoletani, perché viviamo in un quartiere di periferia. Hanno riportato notizie false e infamanti. Noi abbiamo la nostra verità che è quella confermata dalle prove e dall'autopsia e speriamo solo che quando verrà confermata dalla sentenza finirà anche questa campagna diffamatoria.