Omicidio Ciro Esposito, i giudici: “De Santis premeditò l’agguato”
Sono state depositate oggi le motivazione con cui la Corte d'Assise di Roma ha condannato a 26 anni di carcere l'ultrà romanista Daniele De Santis, riconosciuto responsabile della morte del giovane tifoso partenopeo Ciro Esposito, colpito da colpi di arma da fuoco prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. "Una sentenza esemplare, che conferma, come da noi sempre denunciato e come emerso dalle indagini difensive, ‘essersi trattato di un agguato premeditato'", questo il commento degli avvocati Angelo e Sergio Pisani.
"La Corte – proseguono gli avvocati – ha giudicato errata la consulenza del colonnello Frattini, avendo il De Santis sparato con i guanti ed avendo sparato senza essere stato prima ferito, come risulta dai referti del pronto soccorso e di prime cure, dove non risultano tagli. Inoltre viene considerata credibile la testimonianza del Puzone e stigmatizzata la negligenza dell’organizzazione dell’evento, in quanto, nonostante la pericolosità del tifoso De Santis proprio quella zona, l’area non era adeguatamente controllata e presidiata dalle forze dell’ordine".
La sentenza inoltre riconosce come quel giorno, il 3 maggio del 2014, Daniele De Santis, assieme ad altri soggetti mai identificati, aveva pianificato una vera e propria aggressione. Un piano che prevedeva "la provocazione contro un pullman di tifosi inermi". "È certo – si legge negli atti della sentenza – che detti ‘supporters' romanisti era stati convocati da lui per organizzare un vero e proprio agguato contro l'invisa tifoseria partenopea, agguato cessato immediatamente quando, al termine della sparatoria, i tifosi napoletani accorrevano in numero soverchiante".
La sentenza riconosce il carattere di evento straordinario all'omicidio di Ciro Esposito, anche se letto all'interno degli scontri tra tifoserie organizzate: "In altri episodi – scrivono i giudici – mai si è fatto uso di armi da fuoco, giungendo al massimo all'uso del coltello, ma mai usato per uccidere, bensì sempre e solo con l'intenzione di procurare ferite superficiali, come quelle subite dall'imputato, appunto le ‘puncicate'. Ed ì indubitabile che l'intensità del dolo dimostrato da De Santis, fino a lambire le forme della premeditazione, sia massima". "Egli, secondo la dinamica dei fatti – proseguono a ricostruire i giudici – preordina in concorso con altri soggetti, un vero e proprio agguato e non solo si premunisce di bombe carta, ma anche di una pistola che porta appresso carica e con il colpo in canna, perché lo sviluppo e la progressione dell'agguato progettato è tale per cui egli prevede che possa determinarsi una situazione per cui debba sparare".