Omicidio Marco Mongillo, i funerali. Spunta anche una brutta storia di droga
"Vogliamo la verità", dice don Antonello Giannotti, parroco della Chiesa del Buon Pastore di Caserta, lì dove oggi si sono tenuti i funerali di Marco Mongillo, il ragazzo di 20 anni, dipendente di una pizzeria, ucciso lo scorso venerdì 7 luglio da un colpo di pistola alla testa sparato dall'amico 19enne Antonio Zampella, in carcere con l'accusa di omicidio volontario, detenzione di arma clandestina e ricettazione. Gremita chiesa e sagrato, lacrime e rabbia durante la funzione: "È una morte assurda, incredibile, senza spiegazioni – dice il sacerdote – figlia di spavalderia, di gioco, di mancanza di autocontrollo. Vogliamo sapere, abbiamo il diritto di sapere perché Marco è stato ucciso".
Nella vicenda del 19enne emergono anche altri fatti oscuri. Gli inquirenti non hanno mai creduto alla versione di Zampella, ovvero alla tragedia nel maneggiare l'arma nell'alloggio popolare al quarto piano di una palazzina del rione Santa Rosalia, a Caserta. L'ipotesi che si fa largo è che Marco Mongillo potrebbe essere stato ucciso dopo una lite scoppiata per questioni di droga. Lo riferisce oggi Il Mattino che parla di "Consegne a domicilio di crack quando era ancora minorenne per conto della sorella dell’assassino di Marco", circostanza inserita in un’ordinanza sul traffico di droga del febbraio scorso. Ieri, l'autopsia sulla salma del giovane all'istituto di medicina legale di Caserta; la relazione del medico legale sarà depositata entro sessanta giorni.