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L'arte del pizzaiuolo napoletano patrimonio UNESCO

Pizza Patrimonio Unesco, servono 1 milione di firme

La pizza napoletana potrebbe entrare presto nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Un percorso che è iniziato il 26 marzo scorso con la decisione della Commissione Italiana Unesco di candidare l'”Arte dei Pizzaiuoli Napoletani” arrivata anche grazie a una petizione lanciata su Change.org.
A cura di En.Ta.
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La pizza napoletana potrebbe entrare presto nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Un percorso che è iniziato il 26 marzo scorso con la decisione della Commissione Italiana Unesco di candidare l'"Arte dei Pizzaiuoli Napoletani" arrivata anche grazie a una petizione lanciata su Change.org. In questi giorni, in occasione del Napoli Pizza Village, continua l'azione di sensibilizzazione internazionale con un'ulteriore raccolta di firme. Un milione di firme, è questo l'obiettivo cui aspira Coldiretti che, con Univerde e l'associazione Pizzaiuoli Napoletani.  La pizza sarebbe il settimo tesoro italiano iscritto nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco dopo l'Opera dei pupi, il canto a tenore, la dieta mediterranea, l'arte del violino a Cremona, le macchine a spalla per le processioni e la vite ad Alberello di Pantelleria.

"La pizza napoletana punta alla valorizzazione della distintività in una situazione in cui anche in Italia – fa notare Coldiretti – quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori. Troppo spesso viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale. Un fiume di materia prima che ha, purtroppo, compromesso notevolmente l'originalità tricolore del prodotto ma anche le formidabili opportunità occupazionali che possono venire nell'agroalimentare nazionale. Garantire l'origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale".

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