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Covid 19

Primo Maggio, su coraggio (altro che resilienza)

Il 1 Maggio ai tempi del Coronavirus è una fatica e una lotta. Molte aziende sono chiuse, molti piccoli commercianti non riapriranno mai più. Il popolo di operai, cuochi, camerieri, personale di servizio, autisti, fattorini che da due mesi non guadagna un euro oggi deve fare i conti con una Festa dei Lavoratori che è ancora più beffarda e amara degli altri anni.
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Abbiamo sentito questo termine, resilienza, migliaia di volte, in questo periodo. Ma davvero avremo resilienza, cioè avremo la capacità di assorbire il trauma di questo incredibile periodo storico, di quest'emergenza sanitaria senza precedenti e non restarne segnati? Oggi è il Primo Maggio e la Festa dei Lavoratori già a Napoli e in Campania da sempre è una presa per i fondelli, la "festa del lavoro che non c'è", come recitavano i titoli un po' stantii degli anni Ottanta e Novanta. Oggi, passata la ‘moda' dei call center, degli lsu, dei disoccupati organizzati, delle partite iva che nessuno vuol più ascoltare, ci sono i riders, veri simboli del precariato standardizzato e socialmente accettato.

E poi, con la crisi economica scaturita al blocco del Covid19 ci sono loro: l'esercito di camerieri, pizzaioli, cuochi, baristi, fattorini, autisti di bus turistici donne e uomini ‘di fatica' che quotidianamente offrono servizi , pagati a jurnata o a semmana, ogni dì oppure ogni 6 giorni. Gente che su 10 anni di lavoro ne ha al massimo 2 di miseri contributi Inps versati. Gente che non ha diritto a Cassa integrazione né ad altri paracaduti sociali. Raffaele e Salvatore non trasportano più torpedoni di turisti a Napoli perché i turisti non ci sono più. Ciro e la sua pizzeria sono spenti, come il forno che un tempo cacciava margherite senza soluzione di continuità e ora non più. Luca, cuoco, si affida alla famiglia e alle pensioni dei genitori per portare avanti la sua, di famiglia. È gente che sa stare mmiez ‘a via, ma davanti alla telecamera diventa piccola , si irrigidisce. Molte donne intervistate da fanpage.it, ad esempio, hanno avuto difficoltà e non se la sono sentita di parlare.

Abbuscare è uno splendido ispanismo (buscàr, cercare) della lingua napoletana. Abbuscare ‘a jurnata, significa guadagnarsi la giornata, ma abbuscare significa anche prendere le botte. Il lavoro che è fatica ed è schiaffi in faccia nel quotidiano tentativo di "mettere il piatto a tavola". Eccolo, il 1 Maggio ai tempi del Coronavirus: una fatica e una lotta.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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