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Puntate sul calcio senza pagare, così i Sequino taglieggiavano anche le sale scommesse

I carabinieri del Nucleo Provinciale di Napoli, indagando sul clan Sequino, hanno scoperto un nuovo tipo di estorsione, attuato ai danni delle sale scommesse: gli affiliati puntavano sulle partite, anche 500 o 600 euro, ma senza pagare; in caso di vincita, però, tornavano a riscuotere. Trovato anche un filo diretto che collegava la Sanità con Reggio Calabria per il rifornimento di droga.
A cura di Nico Falco
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Scommettevano senza coprire le puntate, ma se vincevano pretendevano il denaro. Una nuova forma di estorsione, quella in cui sono incappati gli inquirenti indagando sul clan Sequino, che rappresenta un gradino ancora più alto di quelle scoperte in precedenti indagini, con boss e affiliati che si facevano offrire la spesa o le cene nei ristoranti. Negli episodi estorsivi contenuti nelle 30 ordinanze contro il clan della Sanità ci sono anche quelli ai danni di agenzie di scommesse, costrette a sborsare ogni volta i soldi di una vincita che in realtà non era regolare.

Gli affiliati, hanno ricostruito i carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, si presentavano infatti nelle sale per scommettere e puntavano anche 500 o 600 euro sulle partite di calcio, senza però pagare per la puntata. Quando indovinavano il risultato, tornavano per farsi consegnare la somma vinta, sempre senza aver coperto la scommessa.

Nel corso delle indagini è inoltre emerso un filo diretto per il rifornimento di stupefacenti che legava il cuore di Napoli alla Calabria. Uno dei canali di approvvigionamento dei Sequino era infatti costituito dalla ‘ndrangheta, che vendeva gli stupefacenti agli affiliati in trasferta a San Luca, in provincia di Reggio Calabria.

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