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Reagì alla rapina uccidendo due uomini: chiesta l’archiviazione per il gioielliere di Ercolano

Il pubblico ministero Raffaello Falcone ha chiesto l’archiviazione per il gioielliere Giuseppe Castaldo, che il 7 ottobre del 2015 ad Ercolano sparò e uccise due rapinatori. Castaldo è indagato per omicidio colposo per eccesso di legittima difesa. Una delle parti offese ha presentato opposizione alla richiesta d’archiviazione: adesso deciderà il giudice per le indagini preliminari.
A cura di Francesco Loiacono
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Giuseppe Castaldo, il gioielliere di Ercolano che il 7 ottobre del 2015 sparò e uccise due rapinatori, avrebbe agito per legittima difesa. Lo ritiene il pubblico ministero della procura della Repubblica di Napoli, Raffaello Falcone, che ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l'archiviazione per il gioielliere. Dopo la tentata rapina finita nel sangue Castaldo era stato indagato per omicidio colposo per eccesso di legittima difesa. Secondo il pm, invece, l'uomo avrebbe agito legittimamente. Adesso si attende la decisione del giudice: una delle parti offese ha però presentato opposizione alla richiesta di archiviazione.

L'episodio da cui è nata l'inchiesta aveva suscitato molto clamore nell'opinione pubblica, che si era subito divisa. Il segretario della Lega Matteo Salvini subito dopo l'episodio si era schierato dalla parte del gioielliere. Il 68enne Castaldo, dopo aver prelevato cinquemila euro da una filiale del Banco di Napoli, era stato avvicinato da due pregiudicati, il 53enne Bruno Petrone di Secondigliano e il 51enne Luigi Tedeschi, residente al Rione Sanità, che gli avevano intimato di consegnare loro i contanti. I due erano armati, anche se la pistola impugnata da uno dei malviventi era caricata a salve. Il 68enne aveva reagito estraendo la sua Beretta regolarmente detenuta e sparando ai due rapinatori, uccidendoli sul colpo.

Le minacce al gioielliere

Dopo la tentata rapina il gioielliere è stato indagato e ha ricevuto anche diverse minacce da parte dei familiari delle vittime. Un'intervista realizzata da Fanpage.it ai parenti di Bruno Petrone era stata anche acquisita dalla procura ai fini delle indagini. Nel corso dei successivi cinque mesi dalla rapina gli inquirenti hanno ricostruito il piano criminale da cui è nato il tentato colpo finito nel sangue, arrestando quattro presunti complici dei due rapinatori uccisi.

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