Ricercatore napoletano inventa un prodotto alimentare per combattere la fame in Africa
Combattere la fame in Uganda realizzando sul posto un macchinario in grado di produrre un nuovo alimento terapeutico per combattere la malnutrizione, in particolare, quella minorile. È la sfida di un giovane ricercatore napoletano, Vincenzo Armini, dottorando in Scienze Agrarie e Agroalimentari presso il Dipartimento di Agraria dell'Università Federico II.
“Il mio progetto – spiega Armini, che è tornato da poco dall’Uganda – prevede la realizzazione di un impianto pilota presso l'Università di Gulu, in Uganda, per la produzione di un alimento terapeutico a rapido utilizzo per la cura della malnutrizione acuta severa nei paesi in via di sviluppo. Questo alimento, una volta prodotto, verrà testato in alcuni ospedali del nord dell'Uganda per verificarne l'efficacia e per testarne la maggiore o minore efficacia rispetto all'alimento a rapido utilizzo attualmente usato e prodotto da una multinazionale francese.”
Armini ha notato che questi alimenti terapeutici, che in pochi giorni possono risolvere il problema della malnutrizione nei bambini se consumati con regolarità, raramente giungono nelle province più lontane dalle capitali e dagli aeroporti dell’Africa. Certe zone, infatti, sono dimenticate anche dalle organizzazioni internazionali, anche perché il trasporto è lungo e pericoloso, a causa della presenza di gruppi armati. Gli alimenti terapeutici a rapido utilizzo vengono impiegati per il trattamento dei casi di malnutrizione acuta severa senza complicazioni cliniche direttamente nei villaggi, per evitare il sovraffollamento degli ospedali, oppure, dopo il trattamento ospedaliero, a casa.
Vincenzo, trentenne, volontario della Croce Rossa, fin dalla discussione della tesi triennale ha deciso di dedicare la sua professione all'approvvigionamento e alla sicurezza alimentari nei paesi in via di sviluppo. Ha notato che l’alimento a rapido utilizzo che viene somministrato in Africa è prodotto da una multinazionale e per questo non è accessibile alla maggioranza delle persone che ne avrebbero bisogno. “Il brevetto è un primo problema – spiega – Un altro è rappresentato dal fatto che l’alimento è composto anche con latte scremato in polvere, verso il quale molti bambini africani possono manifestare intolleranze e allergie. Poi c’è il problema dei costi: il latte scremato in polvere è costosissimo a livello del mercato mondiale e fa lievitare il costo dell'intero prodotto. Infine, visto che è quasi impossibile reperire latte in Africa, questi alimenti devono essere quasi sempre importati dall'estero.”
Vincenzo si mette al lavoro e realizza il prototipo di un prodotto alternativo: al posto del latte in polvere e delle arachidi prevede l'uso di soia e sorgo, facilmente reperibili in Africa, e di polvere di spirulina maxima, una microalga facilmente coltivabile alle latitudini equatoriali ed estremamente ricca in minerali e vitamine. Decide, così, di lanciare il progetto “Nutriafrica” e si affida al crowdfunding per raccogliere i 50mila euro per costruire un impianto per la produzione dell’alimento a Gulu, con la collaborazione del Dipartimento di Agraria della Federico II. Chiunque, se vuole, può organizzare un aperitivo, una cena, una festa per raccogliere fondi. Il tutto, per ridare il sorriso ai bambini africani.