Ci vuole coerenza. Matteo Salvini oggi fa il giustiziere elettorale a mezzo social, citofonando nelle periferie di Bologna, accusando senza uno straccio di prova degli immigrati tunisini, presunti pusher, facendo l'inquirente del pianerottolo: «Lei spaccia?». Bene, visto che da ministro dell'Interno era tanto affezionato a Napoli da venire una volta al mese, torni nella nostra città. Vada alle Case dei Puffi a Secondigliano. Vada al rione Conocal di Ponticelli, alle Case Nuove, alla piazza di spaccio della Sposa ai Quartieri Spagnoli, in via Tertulliano al rione Traiano; al borgo Sant'Antonio Abate, al Parco Verde di Caivano o alle Salicelle di Afragola, al Lotto 0 di Ponticelli, al 219 di Melito o al Bronx di San Giovanni a Teduccio. Vada in tutti i luoghi indicati da polizia e carabinieri e dalla Procura di Napoli come posti dello spaccio di cocaina, eroina, hashish, kobrett e pasticche. Ecco, non vada con la bici che fa troppo Brumotti.
Ha una lista di presunti spacciatori? E vada a bussare, i nomi sono quasi tutti italiani quindi non corre il rischio di confusione. Chieda anche a loro se spacciano. E poi vada dalle tante persone perbene che in quegli stessi luoghi vivono e resistono e chieda loro perché dopo le promesse da ministro nulla ha fatto, nulla, per garantire la sicurezza e la lotta alle illegalità in quelle zone. Spieghi perché dopo i comizi, dopo le dirette Facebook, dopo le storie su Instagram, dopo i video su Tik Tok, non ha fatto nient'altro che trovare un nemico, l'ennesimo. Viene da ricordare Franco Fortini che in una sua meravigliosa poesia diceva: «gli oppressori tranquilli parlano nei telefoni». Abbiamo fatto un passo indietro pure in quello: ora sono citofoni.