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Sanità, tra aneurisma e infarti in Campania si muore di più

Un’analisi tracciata dall’Agenas sulla qualità del servizio in ospedali, centri e Asl in Campania evidenzia indicatori di efficienza sensibilmente più bassi rispetto alle altre regioni. Ecco i punti deboli del nostro sistema sanitario regionale.
A cura di An. Mar.
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Personale ridotto all'osso, strutture insufficienti al ricovero sono forse alcuni dei fattori che incidono sui bassi livelli di efficienza dell'assistenza sanitaria in Campania, dove un'analisi tracciata dall'Agenas sulla qualità del servizio in ospedali, centri e Asl evidenzia indicatori di efficienza sensibilmente più bassi rispetto alle altre regioni. Sotto i riflettori l'eccesso di mortalità dopo interventi di aneurisma dell'aorta addominale (al San Giovanni Bosco di Napoli si registra una percentuale di 32,9% di mortalità a 30 giorni dopo un intervento su una media nazionale di 1,88), ma anche l'eccesso di parti cesarei e l'intempestività degli interventi per gli anziani che dovrebbero essere operati entro le 48 ore da una frattura del femore, indicatore della "salute" di un sistema di assistenza sanitario.

Mortalità post-infarto: i grandi ospedali sopra la media

Rispetto alla media nazionale di 9,19 di mortalità a 30 giorni da un infarto acuto in Campania solo  15  strutture sono sotto soglia. Fanno eccezione gli l'ospedale Vecchio Pellegrini (2,7% su 148 interventi) l'ospedale di Frattamaggiore, nel Napoletano, (5,79 su 172) e la clinica Villa Betania a Ponticelli (7% su 109) il Fatebenefratelli, la clinica Pineta Grande e Villa Dei Fiori di Acerra. I grandi ospedali come il Monaldi, il Cardarelli, il Loreto Mare, il Rummo di Benevento e il Sant'Anna e San Sebastiano di Caserta (il primo ospedale in Italia a essere sciolto per infiltrazioni mafiose) e l'ospedale di Salerno sono sopra la media.

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