Scoperta rete sotterranea di citofoni, così il boss Zagaria comunicava con i suoi
Una rete sotterranea di cablatura correva lungo le strade e le case della provincia di Caserta. Un sistema tecnologicamente avanzato con un "allarme" impostato per avvertire dell'intrusione di estranei sulla linea. Non computer o telefoni e neanche i famosi pizzini, ma citofoni per garantire le comunicazione tra membri della stessa cosca e per riceve le direttive del capo. Il boss è Michele Zagaria, padrino del del clan dei Casalesi e arrestato nel 2011 dopo una lunghissima latitanza. Il superlatitante aveva condotto la sua esistenza blindata continuando a gestire i traffici. Per rimanete in contatto con i suoi affiliati, "Capastorta" aveva fatto cablare l'intero paese di Casapesenna, dove era rintanato: fili interrati per centinaia di metri collegavano il suo bunker con le postazioni di gregari. La scoperta è stata fatta oggi daglla polizia, che ha proceduto a perquisizioni e sequestri in diverse abitazioni di Casapesenna. Il blitz delle squadre mobili delle Questure di Caserta e Napoli è avvenuto nell'ambito delle indagini coordinate dalla Dda partenopea, con il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e i pm Catello Maresca e Marco Del Gaudio. Nelle case di familiari e fiancheggiatori era stato piazzato il sistema di citofoni con il quale il boss gestiva il clan. È stato questo espediente a evitare che per anni gli investigatori intercettassero la sua voce attraverso i telefoni controllati di parenti e gregari.
Il sistema era dotato di rilevatori di tensione capaci di segnalare eventuali cali dovuti ad accessi "non riconosciuti", di un alimentatore autonomo in grado di assicurare il funzionamento, anche in caso di distacco di energia, e di un potenziatore di segnale per raggiungere obiettivi distanti alcune centinaia di metri. Se si fosse notato un calo della tensione per i camorristi sarebbe stata la prova che qualcuno si era inserito sulla linea per intercettare le comunicazioni. Sono in corso indagini per verificare se il sistema era allacciato alla rete della illuminazione pubblica. I citofoni erano ritenuti dal boss più affidabile rispetto sia ai pizzini o di telefonini e computer. Le prime tracce di questa rete erano state individuate già durante l'irruzione nel covo di via Mascagni, a Casapesenna, dove il padrino venne arrestato dopo ben 17 anni di latitanza. Finora sono stati scoperti cinque punti di ascolto, nei covi utilizzati da Zagaria e anche in case di "insospettabili". Gli inquirenti sono ora impegnati nelle indagini per individuare i tecnici che hanno rwalizzato il lavoro. Un lavoro lungo e complesso che ha interessato l'intero suolo cittadino e che, probabilmente è avvenuto sotto gli occhi di funzionari e amministratori locali, ora nel mirino di magistrati e forze dell'ordine.