Secondigliano, festa di Natale con Scianel di Gomorra: si scatena la polemica
A Secondigliano arriva Scianel di Gomorra e scoppia la polemica. Tutto pronto per la festa natalizia di sabato pomeriggio sul corso principale. Tra animatori, sorprese e il villaggio di Babbo Natale che distribuirà giocattoli ai bambini, nel giorno dell’antivigilia 2017 sul palco del quartiere a nord di Napoli è prevista l’esecuzione di cori gospel, la perfomance del comico irpino Enzo Costanza, tra i protagonisti della trasmissione televisiva Zelig, e la partecipazione straordinaria dell’attrice Cristina Donadio, la nota Scianel di Gomorra. Una serata, presentata dallo speaker radiofonico Gaetano Gaudiero, sponsorizzata e promossa da commercianti, alcune associazioni e dalla settima municipalità, come riportato sul manifesto pubblicitario, affidando i saluti finali al suo presidente Maurizio Moschetti. «Peccato che ho saputo dell’iniziativa soltanto vedendo la locandina su Facebook – sbotta Pasquale Esposito, consigliere della settima municipalità in quota Pd -. In nessuna commissione consiliare si è discussa l’organizzazione di questa festa. Inoltre, può anche andar bene invitare come testimonial di una manifestazione artistica un’attrice, brava come la Donadio, ma sullo stesso manifesto è presentata puntualmente come Scianel, cioè come l’interprete di Gomorra. Lo sceneggiato Gomorra – sottolinea Esposito – non è costruito a Posillipo, ma a Secondigliano, e la Donadio non è stata invitata ad un dibattito sulla legalità. Se la inviti ad uno spettacolo di auguri e divertimento, vuol dire che la usi per attirare la gente di un territorio dove la fiction è molto seguita, cioè significa che non inviti l’artista, ma il personaggio Scianel, molto discutibile. Ho difeso lo scrittore Roberto Saviano che ha raccontato fatti reali, però non dimentichiamo che spesso un ragazzino di Secondigliano che vive certi contesti potrebbe non possedere gli strumenti critici per distinguere la realtà dalla finzione scenica, così tutto rischia di diventare esaltazione, celebrazione dell’eroe negativo di turno. Insomma – sintetizza Esposito -, siamo di fronte ad una kermesse con tanto di logo del Comune e della municipalità senza, però, che tutti i suoi rappresentanti siano stati coinvolti e abbiano potuto esprimere pareri e perplessità. Municipalità di frontiera già chiacchierata in campagna elettorale per parentele scomode».
Nulla contro l’attrice, dunque, ma le critiche sono indirizzate alla guest star Scianel, che diventa tale in un luogo dove i clan fanno affari illeciti, si scontrano per il business e influenzano modi di pensare e agire, come raccontato proprio dalle storie della serie tv. «Anche io ho appreso dell’evento da Facebook: più che una municipalità ormai è un comitato feste – rincara la dose il consigliere Giuseppe Grazioso di “Napoli popolare” -. Per carità socializzare serve, ma qui si fa poca politica e intanto si distrae il popolo con le feste. Si va dai consigli fissati dalla maggioranza che poi non si presenta e non si raggiunge il numero legale a manifestazioni di cui sappiamo a organizzazione finita. L’attrice è in gamba e simpatica, ma sarebbe stato opportuno scegliere ospiti più educativi, magari vicini al sociale». In mezzo ai no ci sono anche i sì provocatori, con riserva. «Niente di male ospitare un’attrice ormai famosa – argomenta Raffaele Ambrosino, già consigliere comunale, presidente di “Anche Napoli Nord” -. Un messaggio di legalità forte e deciso contro la camorra proferito da Cristina Donadio sarebbe positivamente devastante verso chi la identifica come Scianel, la crudele e spietata donna di malavita. Io mi aspetto questo, non altro. Se l’attrice utilizza la sua popolarità per messaggi positivi, bene, altrimenti no. Da “poco educativa” potrebbe rilevarsi altamente educativa. Chi è condizionabile e condizionato resterebbe scioccato da un messaggio anticamorra di Scianel».
L’appuntamento è fissato per sabato 23 a partire dalle ore 17 sul corso Secondigliano, a pochi passi dalla chiesa dell’Immacolata Concezione, cioè dalla piazza conosciuta come Capodichino. «Mi interessano poco le questioni politiche, non entro nella polemica – commenta il parroco don Doriano Vincenzo De Luca -. Non ho mai avuto molta simpatia nei confronti della fiction Gomorra. Nulla contro chi la produce e la interpreta, tra l’altro Cristina Donadio è anche mia amica, ma dietro c’è comunque la volontà di offrire alle persone un facile appeal per ottenere un ritorno economico, è il loro mestiere. Credo, invece, che dobbiamo una buona volta spezzare questa intenzione malsana e proporre finalmente qualcosa di diverso, dirompente, perché solo questa rottura può generare il vero cambiamento. Se offriamo sempre ciò che la gente chiede, il cambiamento non avverrà mai, poiché la gente chiede cose sbagliate. Perché? Perché è poco educata, perché le istituzioni faticano e difettano in questo senso. Se, ad esempio, organizzo un concerto con un quartetto di musica classica, mi ritroverò con cinque persone. Un concerto con altri musicisti attirerà, al contrario, un popolo intero che balla, canta e ride. Ma questo ballare, cantare e ridere ha una ricaduta sul vivere civile, sul senso del bene comune? No. Perciò è necessario fare un passo indietro. Abbiamo il dovere di innalzare culturalmente il tessuto sociale di questo territorio, perché la crisi che viviamo è etica prima che economica. Perché non veniamo fuori da tale crisi? Perché la stiamo combattendo male. Se impoveriamo le scuole, la famiglia, sul lato della protezione sociale, se non si fa un’alleanza educativa tra istituzioni, non ne usciamo, anzi regrediamo. Sono del parere che tutto ciò che possa favorire l’avanzamento di un popolo da un punto vista culturale debba essere sostenuto. Può darsi che in un determinato momento storico anche Gomorra servirà a tale scopo, ma non adesso. Quando negli anni ’70-’80 abbiamo vissuto la saga del Padrino, c’erano le condizioni per leggere quel prodotto cinematografico, oggi non ci sono quelle per decodificare Gomorra, soprattutto in alcuni contesti difficili e frequenti a Napoli. Quindi, alla fine, si corre il rischio di emulare la malavita piuttosto che combatterla». Quali, allora, i migliori auguri natalizi? «Si poteva lavorare sulla nostra tradizione, sul senso di appartenenza – risponde il sacerdote -, sul recupero degli antichi mestieri, caratteristici e sani di queste zone, da ripresentare magari in chiave natalizia, penso ai personaggi del presepe, ricordando cos’è il Natale, con la collaborazione di commercianti ed abitanti del posto. Soltanto se il quartiere lo sento mio, allora lo amo e lo custodisco davvero».