“Selfie”, il film che racconta la vita e la morte di Davide Bifolco al Rione Traiano
Quando si entra al Rione Traiano, a Napoli, c'è un punto preciso che non si può non notare. Una foto al centro di un piccolo monumento, dedicato a Davide Bifolco. La scritta in basso, "non lo spegni il sole se gli spari", è la sintesi perfetta di una tragedia che nessuno ha dimenticato in questo quartiere, poco lontano dallo stadio San Paolo. Lo stesso stadio in cui Davide un giorno sognava di giocare probabilmente. Invece, la notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, quel sogno si è fermato. Muore a 16 anni Davide, figlio di una delle periferie considerate difficili di Napoli. Un proiettile gli trapassa il petto, uccidendolo. A sparare è una pistola, quella del carabiniere Gianni Macchiarolo, condannato a 4 anni e 4 mesi, ridotti poi a 2 con pena sospesa dalla Corte d'Appello. A pochi metri da quel monumento, che è sorto nel punto preciso in cui Davide è morto, lavora Alessandro.
Come Davide è figlio di questo quartiere che ama e protegge. Quando lo incontriamo lavora, come ogni giorno, in un bar. Con lui, inseparabile, troviamo anche Pietro, «siamo fratelli, non amici», spiegano. Pietro da poco ha trovato un lavoro fuori dal suo Rione, a Caivano, come barbiere. Ma da qui non vuole scappare. La loro amicizia ha convinto Agostino Ferrente, regista de "Le cose belle", a girare una sorta di documentario sulla vita e sulla morte di Davide Bifolco. Ma soprattutto sul suo Rione. «Come fai a raccontare la storia di un ragazzo, se non spieghi prima quella del quartiere dove abitava?», dice Alessandro mentre ci accompagna al murales dedicato a Davide, a pochi passi dalla casa di suo padre e sua madre.
Selfie, una estate al Rione Traiano
"Selfie", racconto di un'estate al Rione Traiano, apprezzato in molti festival e prodotto da Arte France e Magneto, in coproduzione con Casa delle Visioni e con Rai Cinema, in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà, non è un film come gli altri. Agostino Ferrente ha infatti chiesto che sul grande schermo finisse solo la verità. Proprio per questo il film è un continuo punto di vista di Alessandro e Pietro, i due protagonisti, che si riprendono, in un selfie costante, con un iPhone. L'espediente, racconta il regista, è prima di tutto un modo per distrarli dall'ansia di prestazione che prende anche gli attori professionisti. Figurarsi due ragazzi che nella vita fanno altro. «Selfie non è e non voleva essere un ‘film partecipato’, spiega Ferrente che aggiunge, non ho mai subappaltato neanche in parte la regia, io mi assumo tutta la responsabilità registica, sul piano narrativo, estetico e tecnico. Ale e Pietro sono degli attori formidabili e hanno interpretato le loro speranze, le loro fragilità, la loro amicizia. E sono anche cameraman di loro stessi. Con entrambi questi ruoli, hanno seguito le costanti indicazioni del regista aiutati, all’occorrenza, dall’assistente operatore o dall’aiuto regista. E sono stati bravissimi».
La trama del film su Davide Bifolco
Il risultato è una storia genuina che partendo dalla morte di Davide, a cui il film è dedicato, mostra la quotidianità dei ragazzi del Rione. «Anche noi potevamo essere vittime di quello sparo», spiega Alessandro. Il film non vuole nascondere le difficoltà del quartiere, ma neanche demonizzarlo. «Anche noi facciamo le 2 di notte, lo dico perché è quello l'orario in cui Davide è morto, anche noi stiamo per strada a quell'ora, ma mica facciamo cose negative, io la mattina vado a lavorare», racconta Pietro. Sono molte le scene significative del film, ma se Alessandro deve sceglierne una non ha dubbi. «Con la buonanima del fratello di Davide (Tommaso Bifolco, morto 6 giorni dopo la sentenza d'Appello ndr per un attacco cardiaco), stiamo davanti al computer, per vedere le telecamere del biliardo quando il carabiniere spara a Davide. Vederlo oggi e sapere che Tommaso non c'è più, nella vita reale, è una cosa bruttissima. Un'altra, continua Alessandro, è quando sto davanti al televisore con il papà di Davide. Io nel film lo abbraccio, perché si commuove. Riprova il dolore di quella giornata mentre io la racconto». Prima di andare via, Pietro trova una definizione perfetta per il Rione Traiano:«Il Rione è una bella donna ma difficile da gestire», ma anche da superare, racconta Alessandro. «Vedo un muro e provo a immaginare cosa c'è dietro. E come dico nel film se non posso vederlo io spero che un giorno lo vedranno i miei figli». Quel muro, poi puntualizza, è spesso anche il pregiudizio che c'è attorno a questo e ad altri quartieri di Napoli. Che rende facile la sociologia attorno alla morte di un ragazzo, ma difficilissimo affermarsi lasciando alle spalle marchi di cui spesso non si ha colpa.
"Selfie" uscirà nelle sale italiane il 30 maggio. Il 28 maggio sarà proiettato in anteprima nazionale al cinema Modernissimo di Napoli, alle 20.30.