Sting e Shaggy riempiono l’Arena Flegrea: che Napoli possa tornare ai fasti di un tempo?
Chi vive a Napoli, ascolta musica e va ai concerti ha un problema da qualche anno a questa parte, un problema di nostalgia che si chiama Neapolis Festival, ovvero l'appuntamento che negli anni 2000 (fine 90) ha portato a Napoli cantanti e gruppi del calibro di David Bowie, Lenny Kravitz, Rem, Patti Smith, Aerosmith, Muse, Nick Cave, Kraftwerk, Lcd Soundsystem, Iggy Pop, Vasco Rossi, solo per citare alcuni dei più grandi artisti che hanno calcato i vari palchi del Festival negli anni in cui Napoli era tappa fissa per gli chiunque facesse capolino al Sud. La leggenda, ad esempio, narra di un Michael Stipe entusiasta che volle tornare qualche anno dopo l'esordio che lo vide duettare con l'amica Smith prima di un giro nelle acque capresi, ma la realtà narra anche di una rassegna che ogni estate portava in città artisti che sarebbero diventati, negli anni a seguire, a modo loro headliner dei migliori festival al mondo (gli LCD Soundsystem non erano citati a caso).
Napoli laterale per la musica
Un problema che ogni anno ci si ritrova ad affrontare sui giornali e sulle bacheche Facebook: Napoli non è più terra di richiamo per le grandi produzioni internazionali per motivi logistici, da una parte, ma anche per la difficoltà date da spese di produzioni enormi che sarebbe difficile (sic) coprire con il solo costo dei biglietti. In realtà anche le produzioni nazionali, da qualche anno, hanno scelto altri lidi, per motivi infrastrutturali soprattutto, spostandosi verso Salerno e in particolare verso il Pala Sele di Eboli, diventato luogo in cui vedere i concerti di Jova e Ferro, per esempio. Eppure ieri sera forse si è riaperto un ciclo: per la prima volta, infatti, l'Arena Flegrea di Fuorigrotta era completamente sold out, senza più un posto a disposizione.
La chiusura con Sting e Shaggy
L'appuntamento era di quelli speciali, ovvero la chiusura del Noisy Naples Festival con il concerto di Sting e Shaggy, due nomi internazionali che hanno completato una line up che ha visto arrivare a Napoli artisti come Bonobo, Noel Gallagher, Paul Kalkbrenner, Kasabian, oltre agli italiani Coez e Benji e Fede e l'apertura (a ingresso gratuito) affidata al trio composto da James Senese, Enzo Avitabile e Luchè. E il pubblico napoletano ha risposto presente, confermando questa come la migliore – stando all'affluenza di pubblico – delle tre edizioni della rassegna che dal 2016 sta cercando di rilanciare, non senza difficoltà, sia l'Arena Flegrea, luogo importante per la musica a Napoli, sia uno spazio musicale che guardi anche ai grandi nomi del panorama internazionale. Quest'anno i nomi citati hanno portato migliaia di persone a Fuorigrotta, dando sempre un bel colpo d'occhio, anche se non sempre da sold out, appunto, ma ricordiamo bene le poche centinaia di persone che occupavano una piccola porzione negli anni scorsi. Eppure la rassegna di Floro Flores, che quest'anno ha portato in squadra anche Claudio De Magistris come Direttore Artistico, negli anni passati aveva proposto anche artisti come Robert Plant, Chick Corea, Massive Attack, ma solo quest'anno la sensazione è che qualcosa abbia finalmente preso forma.
L'energia della coppia
Ieri sera è stata quella che in maniera un po' abusata usiamo definire "festa". Eppure la situazione era quella, con Sting e Shaggy che hanno affondato le mani nel reggae (con un omaggio anche a Bob Marley e alla sua "Get up, Stand up", a proposito di "don't give up the fight") grazie al loro ultimo album, ma che, soprattutto, hanno ripercorso le proprie carriere con i maggiori successi che, non ce ne voglia Shaggy, il pubblico aspettava soprattutto dall'ex Police. E così le "Boombastic", "Angel" e "It wasn't me" sono state un inframezzo interessante a una scaletta che ha visto pietre miliari come "Englishman in New York", "Every little thing she does is magic", "Message in a Bottle", "Field of gold", "Roxanne", giù giù fino alla chiusura con "Fragile".
Un piccolo passo verso qualcosa di grande
Ovviamente restano dei piccoli problemi: il calendario è ancora poco ricco, senza un'amalgama temporale, che non dà ancora punti di riferimento, sembrano sempre date slegate da un concetto unitario di festival, così come la programmazione varia sembra ancora in balia di quello che passa in Italia (Bonobo con Gallagher, con Kalkbrenner, con Benji & Fede). Insomma, che sia una programmazione larga, ma che dia anche un'idea di rassegna coesa. Per il resto, però, va dato atto a chi si è impegnato di aver ricominciato a far partire questo motore, regalando a Napoli bei concerti in una delle location più belle che abbiamo (a proposito di problemi di infrastrutture), investendo soldi con un rischio imprenditoriale importante; ora sarebbe bello che il Festival riuscisse anche, in qualche modo, ad essere diffuso durante l'anno, a diventare un appuntamento attorno a cui far ruotare un'idea culturale più ampia di una serie di date tra giugno e luglio. Vuoi vedere che un passo alla volta, e con un parlarsi tra i pochi e coraggiosi imprenditori napoletani del settore (la data di Bonobo, ad esempio, era targata Ufficio K, da anni, ormai, una sicurezza per quanto riguarda la musica italiana in città), si possa riportare Napoli ai fasti di un tempo?