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Il suicidio di Tiziana Cantone

Tiziana Cantone, il gip alla Procura di Napoli: “Indagate su Facebook”

La richiesta del giudice Tommaso Perrella è arrivata nell’ambito del processo per l’archiviazione delle sei persone denunciate da Tiziana per diffamazione, perché ritenute da lei responsabili della diffusione dei video hard che poi l’hanno portata al suicidio. “Verificate le responsabilità di Facebook”.
A cura di Valerio Papadia
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Il suicidio di Tiziana Cantone

Ennesimo colpo di scena nella maxi inchiesta sul suicidio di Tiziana Cantone, la 31enne di Mugnano, in provincia di Napoli, che lo scorso 13 settembre decise di farla finita impiccandosi con un foulard a causa della gogna mediatica alla quale era sottoposta in seguito alla diffusione di alcuni video hard che la ritraevano protagonista. Il gip del Tribunale di Napoli Tommaso Perrella ha infatti chiesto alla Procura di Napoli di accertare le responsabilità di Facebook, che non oscurò le pagine nelle quali si faceva esplicito riferimento ai video di Tiziana, danneggiandone così l'immagine e contribuendo a creare nella ragazza quel disagio che alla fine l'ha portata al suicidio.

La richiesta del magistrato, un supplemento di indagine, è arrivata nel corso del processo per l'archiviazione delle accuse di diffamazione nei confronti di 6 soggetti, querelati da Tiziana prima delle sua morte, nel 2015, perché ritenuti da lei responsabili della diffusione dei video. Perrella ha chiesto di indagare sul rappresentate legale del colosso Facebook per accertare eventuali responsabilità, individuali e dell'azienda.

Il legale della madre di Tiziana: "Non cerchiamo capri espiatori, ma Facebook ha delle responsabilità"

A parlare è Giuseppe Marazzita, che da poco ha preso il posto di Andrea Imperato come legale di Tiziana Giglio, la madre di Tiziana Cantone. "Davanti al giudice ho sostenuto la necessità di accertare eventuali responsabilità di Facebook, anche perché il calvario di Tiziana è iniziato proprio quando ha visto il suo nome sul social associato ai suoi video pubblicati su siti porno soprattutto americani. Se quei video fossero stati immessi solo su questi siti, senza alcun collegamento con una piattaforma cosi' diffusa come Facebook, probabilmente lei non ne avrebbe saputo nulla. E in ogni caso Facebook fu diffidato ma non fece nulla – ha detto Marazzita, che prosegue – Non cerchiamo un capro espiatorio, ma la diffamazione c'è stata".

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