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Trentacinque anni fa moriva Peppino De Filippo. A Napoli nessuno lo ricorda

A 35 anni dalla scomparsa del grande drammaturgo napoletano, fratello di Eduardo e Titina, la città che l’artista amò e rappresentò con le sue indimenticabili maschere teatrali, sembra aver dimenticato uno dei più grandi interpreti della storia della cultura napoletana.
A cura di An. Mar.
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Così come sul palcoscenico, anche nella vita la figura di Peppino De Filippo, attore e drammaturgo napoletano scomparso il 26 gennaio del 1980, rimane in una discreta, elegante ombra. Nel giorno del trentacinquesimo anniversario della sua morte, a Napoli non ci sono celebrazioni in sua memoria. Il ricordo dell'artista, fratello di Eduardo e Titina De Filippo, sembra essere caduto nell'oblio. Ancora una volta, proprio come sulla scena, Peppino soccombe al fratello Eduardo, il cui trentennale della morte è stato celebrato nella città partenopea con una fitta serie di iniziative.

I tre fratelli cominciarono insieme  la carriera teatrale fondando la Compagnia Teatro Umoristico De Filippo e proseguendo su un cammino già tracciato dal padre naturale, Eduardo Scarpetta, che però si rifiuto di sempre di riconoscere i tre figli. Per decenni i fratelli De Filippo, che condivisero straordinari successi, quale quello di "Napoli milionaria", divennero protagonisti indiscussi della scena teatrale napoletana e nazionale. Anche quando si separarono, non senza asprezze, inseguendo la loro identità artistica e umana, continuarono a brillare.  Peppino, intraprese la via del cinema girando decine di pellicole al fianco di Totò e passando alla storia per il suo ruolo di spalla.

Colpita dal lutto per la morte del cantante e chitarrista Pino Daniele, le cui ceneri hanno lasciato giovedì scorso il Maschio Angioino, dopo il lungo commiato della città dall'artista, Napoli sembra aver dimenticato uno dei più grandi interpreti del teatro nazionale, l'uomo che ha dato volto, il proprio volto, alla maschera del napoletano umile, dimesso comicamente maldestro, quale era il suo "Pappagone". “Provocare il pianto è meno difficile che far ridere. Per questo – diceva Peppino – teatralmente parlando, preferisco il genere farsesco".

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