Tribunale di Napoli Nord: senza personale dopo quattro anni è già al collasso
È nato poco più di quattro anni fa a cosiddetto “carico zero”, cioè senza fascicoli ereditati da altri uffici, ma il vantaggio è stato rapidamente annullato da un incremento progressivo dei procedimenti pendenti. Comincia ad essere pesante il fardello che grava sul tribunale di Napoli Nord. Per il settore penale, ad esempio, nell’ultimo triennio, si è passati da 2424 pendenze a 9515, con un aumento esponenziale del 292,5%. Una crisi dell’arretrato che comincia a dare i primi segnali preoccupanti, dal momento che, su una popolazione del circondario di 990.137 abitanti, operano 80 magistrati e 146 amministrativi, mentre a Napoli, su 1.372.702 abitanti, i magistrati sono 319 e gli amministrativi 884. Insomma, Napoli nord ha il 30% in meno di popolazione rispetto a Napoli, ma il 300% in meno di magistrati. Un tribunale di frontiera con organico ridotto, mancanza di aule adeguate per i processi, disagi logistici. In una “terra di mezzo” tra Napoli e Caserta ad alta densità criminale, epicentro delle attività illecite del clan dei Casalesi, dove le indagini di camorra si alternano alle inchieste riguardanti i reati ambientali, non ultima quella sulla stazione Tav di Afragola.
Dalle torri merlate i Normanni partirono per le Crociate arrivando primi in Terrasanta, i cavalleggeri si mossero per partecipare alla campagna di repressione del brigantaggio. Il castello aragonese di Aversa, sede del Tribunale di Napoli nord, sa di un’antichità rimaneggiata per restare al passo con i tempi, trasformatasi prima in quartiere borbonico di cavalleria, poi in carcere giudiziario. Voluta da Ruggero II, risistemata da Alfonso d’Aragona, visitata da Federico II e abitata da Carlo III, la vecchia fortificazione ospita oggi chi è chiamato ad amministrare la giustizia in un comprensorio di circa un milione di abitanti. Secondo ufficio giudiziario in Campania e tra i primi cinque in Italia per numero di affari civili e penali, con una competenza su 38 comuni, metà della provincia di Napoli e metà di Caserta, ha visto la luce sulle ceneri del mai attivato tribunale di Giugliano, in controtendenza ma nelle pieghe dei due decreti legislativi che nel 2012 sopprimevano una trentina di tribunali e 220 sedi distaccate. In pratica quando la forbice della spending review tagliava in tutta Italia uffici giudiziari, invece a Napoli nord nasceva un tribunale.
«Si è voluto creare – denuncia Antonio D’Amato, sostituto procuratore e segretario distrettuale di Magistratura Indipendente – un tribunale che costituisse presidio di legalità in una zona “calda” e riducesse i grossi carichi di lavoro nel penale e nel civile che stavano collassando Napoli, ma se questo era ed è l’obiettivo, occorreva fin dall’inizio dotare il tribunale di tutte quelle risorse umane e materiali capaci di farlo decollare. Al contrario, nel momento della sua istituzione erano attivi solo magistrati in applicazione, cioè colleghi volontariamente andati sul posto, e non c’era nemmeno un procuratore, ma un facente funzione. Invochiamo che Napoli nord sia messa al centro dell’agenda del prossimo ministro della Giustizia, visto che Orlando qui non è mai venuto. Come Magistratura Indipendente abbiamo chiesto a Giuseppe Cimmarotta, presidente della giunta distrettuale di Napoli dell’Anm, che domani, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario al Maschio Angioino, il suo intervento si incentri proprio su questo spaventoso arretrato che si sta accumulando ad Aversa, non per colpa dei magistrati e nonostante gli sforzi del procuratore Greco e della presidente Garzo». Sotto accusa, oltre alla carenza di personale, anche la logistica non adatta ad accogliere un palazzo di giustizia. «Manca persino un aulario degno di questo nome – rimarca D’Amato -. Com’è possibile che i maxi-processi di camorra non si celebrano ad Aversa, ma a Napoli perché non ci sono aule bunker? Si parla, inoltre, di abbattere i tempi di lavoro puntando sull’innovazione tecnologica, sul processo telematico previsto per legge, ma alla fine si assumono persone non formate provenienti dalla Croce Rossa o da altre amministrazioni dello Stato. Si pensi che è di questi giorni la notizia della sottrazione, per ora scongiurata, di pc fissi ai magistrati assegnatari, già costretti a condividere le stanze in cui amministrano la giustizia. Computer da destinare al personale amministrativo in immissione». Ovvero, quando la coperta è troppo corta, dovunque la tiri resti scoperto, o a capo o a piedi.
«Se in quattro anni da un lato è migliorata l’organizzazione – commenta Gianfranco Mallardo, primo presidente del neo Ordine degli Avvocati del tribunale di Napoli Nord -, dall’altro sono aumentate le esigenze. Siamo in una situazione fortemente critica, speriamo in un po’ di ossigeno grazie alla nuova assunzione di 14 cancellieri, anche se a parità di scopertura Napoli ne ha avuti 50 e noi 14. La verità è che la pianta organica di Napoli Nord, quando fu programmata, non tenne conto del reale carico di lavoro che avrebbe avuto in seguito questo tribunale, la cui competenza su tutta la zona industriale, di Casoria, Afragola, Arzano, lo vede protagonista delle innumerevoli cause di lavoro e relative alla proprietà industriale. Eppure se a Napoli ci sono 40 giudici del lavoro, a Napoli Nord sono meno di 10. Questo ovviamente allunga i tempi di attesa. Per una separazione, ad esempio, se presenti oggi il ricorso, lo vai a discutere dopo l’estate». Un caso su tutti: nel monocratico penale un provvedimento con cui si raddoppierebbe il numero delle udienze monocratiche per far fronte all’arretrato è sospeso proprio per carenza di personale amministrativo. «La struttura – continua Mallardo – è certamente bellissima, ma può un maniero del 1100 essere funzionale alle esigenze del nostro millennio? Siamo scappati da un ingolfato Castel Capuano per poi stabilirci in un edificio storico dove mancano i parcheggi auto per chi frequenta il tribunale. La nostra sfida adesso, come avvocati, è in primo luogo quella di superare con l’impegno personale le difficoltà dovute alla mancanza di uomini e mezzi, poi di costruire un rapporto collaborativo con i magistrati per garantire una migliore funzionalità degli uffici». Tribunale nato a “carico zero”? Per Mallardo è nato piuttosto a costo zero. «E se vuoi fare un tribunale a costo zero – aggiunge -, ci sono tutte le premesse per un fallimento. All’epoca eravamo contrari alla nascita di un foro a Napoli nord perché ci sembrava più semplice potenziare i tribunali di Napoli e Santa Maria: è più logico spostare un cancelliere o un giudice, oppure un intero territorio da un tribunale all’altro? Ma il Governo non sentì ragioni: si dovevano creare tribunali di media dimensione. Ok, ma una volta istituito, lo vogliamo rafforzare per farlo funzionare bene?».
«Il primo nodo – ci tiene a sottolineare Antonio D’Amato -, quello della cattiva geografia giudiziaria alla base del disegno che ha portato alla creazione del tribunale di Napoli nord, è venuto al pettine. L’avevamo previsto. Voglio ricordare che l’Associazione nazionale magistrati fin dal principio ha ritenuto un errore togliere alla competenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere 13 Comuni, tra cui Casal di Principe, per annetterli a Napoli nord». Dove lo sbaglio? «Un ufficio giudiziario – risponde D’Amato – si basa anche sulle esperienze specifiche acquisite. E quelle del tribunale di Santa Maria Capua Vetere sono state riconosciute dallo stesso testo unico antimafia, quando, nelle modifiche del 2017, ha distrettualizzato la competenza dei tribunali a disporre delle misure antimafia, ma con due eccezioni per il tribunale di Trapani e quello di Santa Maria Capua Vetere, perché ci si è resi conto che entrambi hanno maturato in fatto di crimine organizzato un’esperienza all’avanguardia su tutto il territorio nazionale. Quindi, a distanza di cinque anni la nuova legge smentisce quella precedente. Si tratta di un paradosso, oltre che di mancata riconoscenza del lavoro di colleghi che hanno prodotto ottimi risultati. Si vuole smantellare Santa Maria Capua Vetere, perché?». Scissioni, strascichi di polemiche che danno l’idea di quanto la riscrittura dei confini giudiziari riscaldi ancora gli animi. È di appena un mese fa l’audizione alla Camera in Commissione Giustizia per la valutazione di opportunità del rientro nel circondario di Napoli dei Comuni di Casoria, Casavatore, Arzano e Afragola, oggi amministrati dal Tribunale di Napoli nord. La critica è sulle decisioni prese a tavolino dall’alto, sulla base di criteri matematico-statistici che non terrebbero alcun conto delle realtà territoriali. Una proposta di legge nata da una petizione popolare, destinata a cadere per fine legislatura, ma a riprova che il dibattito resta aperto.