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Ucciso e bruciato nel Beneventano, il retroscena: aveva minacciato di tradire i complici

Il corpo di Valentino Improta, uccisi a colpi di pistola e bruciato nell’automobile, fu rinvenuto il 4 maggio scorso. I carabinieri hanno arrestato due complici: sono accusati di averlo ucciso per evitare che parlasse con le forze dell’ordine. Secondo la ricostruzione il ragazzo, unico indagato per una rapina, aveva minacciato uno degli arrestati di parlare se non gli avessero pagato l’avvocato.
A cura di Nico Falco
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Ucciso perché non si pentisse e, collaborando con la giustizia, mettesse nei guai i complici. Sarebbe questo il movente che ha portato alla morte di Valentino Improta, il ragazzo di 26 anni trovato cadavere lo scorso 4 maggio a Montesarchio, in provincia di Benevento. Era stato ammazzato e il suo corpo era stato dato alle fiamme nella Fiat Punto della madre, fino a lasciarne solo una parte di scheletro. Il giovane si era allontanato da casa dopo una rapina finita male nella quale aveva perso la vita un 83enne di Montesarchio, Giovannandrea Parente, morto il 25 aprile 2018 dopo alcuni giorni di agonia dovuti alle percosse subite.

Oggi due persone, sospettate di aver preso parte a quella rapina, sono state raggiunte da una misura cautelare, firmata dal gip del Tribunale di Benevento ed eseguita dai carabinieri della Compagnia di Montesarchio e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Benevento, dopo l'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento. Si tratta di Paolo Spitaletta, 50 anni, di Tocco Caudio, che già risponde della morte dell'anziano e di rapina pluriaggravata, e di Pierluigi Rotondi, 31 anni, di Tufara, già detenuto per una rapina del 2017; i due, che si trovano negli istituti di pena di Secondigliano e Benevento, sono accusati di omicidio premeditato e distruzione di cadavere.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti avrebbero attirato Improta in località Cepino di Tocco Caudio, sul Monte Taburno, la sera del 2 maggio scorso. Lo avrebbero ucciso in stile camorristico, con due colpi esplosi a distanza ravvicinata alla testa e poi avrebbero incendiato l'automobile. Quella sera è stata ricostruita anche con i dati del Gps e delle celle telefoniche agganciate dai due arrestati e dalla vittima; le indagini sono state più volte ostacolate dagli altri due indagati, che avrebbero anche rimosso le microspie piazzate dai carabinieri.

I tre si erano incontrati intorno alle 22 in località Le Martine di Tocco Caudio. Spitaletta e Improta erano poi andati con l'automobile della madre del ragazzo nella piazzola di sosta dove il 50enne aveva ucciso il complice con un fucile a canne mozze e ha bruciato il cadavere e il corpo. Successivamente Spitaletta ha raggiunto Rotondi, che lo attendeva dopo un sentire, e i due si sono allontanati insieme. Improta, questa la ricostruzione avallata dagli inquirenti, unico destinatario di avviso di garanzia, aveva minacciato Spitaletta di rivelare le rapine commesse insieme se, in caso di arresto, non gli avesse pagato l'avvocato.

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