Un telefono e una visura al Pra: ecco come la banda ha svaligiato centinaia di case
Un telefono con connessione ad Internet, una PostePay con su una decina di euro, un numero di targa. Pochi euro e ancor meno secondi di attesa e il piano era pronto: indirizzo, stima del bottino, sicurezza di non trovare ostacoli. Il sistema escogitato dalla banda di ladri di appartamento sgominata dalla Squadra Mobile di Latina col supporto di quella di Napoli era tanto semplice quanto innovativo. Lo hanno ricostruito i poliziotti, esaminando il traffico telefonico e le tracce telematiche dei dispositivi trovati dopo uno dei furti, in una casa di Latina, quando la vittima reagì sparando e uccise un ladro e ne ferì un altro.
I componenti della banda adocchiavano le possibili vittime in strada, davanti a teatri e ristoranti. Luoghi dove ci si trattiene almeno un paio d'ore. Avevano così la certezza che nessuno sarebbe rientrato in casa mentre erano ancora all'opera. Sceglievano le automobili più costose, che presumibilmente appartenevano a persone facoltose. Poi scattava l'accertamento: col cellulare si collegavano ai siti collegati ai portali ACI/PRA, pagavano una visura con la PostePay e ottenevano nome dell'intestatario della vettura e l'indirizzo di casa. Poi, prima di infilarsi nell'appartamento, bastava suonare al citofono per verificare che nessuno fosse dentro.
Il gruppo, originario del Rione Traiano, con questo sistema aveva messo a segno almeno un centinaio di furti in numerose città dell'Italia centrale, dalla Campania alle Marche. Il capo del gruppo era Salvatore Pepe (46 anni), mentre ai vertici, col compito di pianificare le trasferte, trovare alloggio e anche di svaligiare gli appartamenti, c'erano Salvatore Merolla (39 anni), Maria Rosaria Autore (57 anni) e Salvatore Quindici (45 anni, ferito durante il furto a Latina). Delle visure ACI si occupavano Antonio Bellobuono (35 anni) e Domenico Bardi (41 anni, l'uomo rimasto ucciso a Latina). La Autore, insieme ad Adele Iannuzzelli (45 anni), si accertava anche che le case fossero vuote. Giuseppe Rizzo (51 anni) e Antonio Cigliano (59 anni, l'unico destinatario di misura agli arresti domiciliari, mentre gli altri sono finiti in carcere) mettevano a disposizione le automobili dei propri parenti e trasportavano gli arnesi e la refurtiva in vani e doppi fondi. A turno, infine, facevano da palo mentre i complici erano negli appartamenti.